Il punto sulle elezioni anticipate

Ieri Napolitano ha scritto che per le elezioni politiche si potrebbe votare il 10 marzo: ma prima bisogna approvare la legge di stabilità (e la legge elettorale?)

di francesco marinelli

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
30-10-2012 Roma
Politica
Quirinale – 150mo Anniversario della istituzione della Corte dei Conti
Nella foto , Giorgio Napolitano
Photo Roberto Monaldo / LaPresse
30-10-2012 Rome (Italy)
150th Anniversary of the Court of Auditors
In the photo , Giorgio Napolitano

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
30-10-2012 Roma
Politica
Quirinale – 150mo Anniversario della istituzione della Corte dei Conti
Nella foto , Giorgio Napolitano

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
30-10-2012 Rome (Italy)
150th Anniversary of the Court of Auditors
In the photo , Giorgio Napolitano

La scadenza “naturale” di questa legislatura (la sedicesima della Repubblica) attualmente guidata da Mario Monti, è il 29 aprile 2013. Ma negli ultimi giorni i giornali danno largo spazio all’ipotesi che si vada ad elezioni anticipate, anche se di poco: alcuni partiti che sostengono il governo, soprattutto PdL e UdC, stanno trattando da tempo per il voto anticipato, facendo pressione sul Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che, tra l’altro, finirà il proprio mandato il 15 maggio prossimo. PdL e l’UdC hanno chiesto infatti di anticipare le elezioni politiche e di accorparle nello stesso giorno in cui si dovrebbe votare in Lombardia, Lazio e Molise, che hanno sciolto in anticipo i Consigli regionali.

Le elezioni regionali
Il ministero degli Interni aveva deciso all’inizio della settimana che il voto regionale si sarebbe dovuto svolgere in tutte e tre le regioni il 10 e 11 febbraio 2013, anche se il Consiglio dei Ministri non ha approvato, fino a oggi, la proposta del ministro Anna Maria Cancellieri.

PdL e UdC hanno chiesto che in quella data si voti anche per le elezioni politiche: le motivazioni avanzate dai due partiti sono il risparmio economico – 100 milioni, è la cifra di cui si parla – e la volontà di non fare cinque mesi di campagna elettorale. Anche Mario Monti sembrava essere d’accordo con questa prospettiva: se così fosse, però, ci dovrebbero essere le dimissioni del suo governo o uno dei partiti che lo sostengono dovrebbe votare la sfiducia al governo in Parlamento.

Sia il Partito Democratico, sia il Presidente della Repubblica, sono stati però da subito contrari al voto a febbraio anche per le politiche. Oltre a voler evitare la fine anticipata della legislatura in un momento così delicato, con riforme importanti ancora da varare, per Napolitano ci sarebbero anche motivi di opportunità politica: il Presidente della Repubblica vorrebbe evitare che sia lui a dare l’incarico al nuovo presidente del Consiglio e aspettare invece che sia il nuovo presidente a farlo. E soprattutto, secondo quanto riportano i giornali, vorrebbe che prima di una crisi di governo vengano approvate la legge di stabilità e la nuova legge elettorale. Va ricordato che, per consentire la campagna elettorale e indire le elezioni, devono passare tra 45 e 70 giorni da quando il Presidente della Repubblica scioglie il Parlamento.

Il 10 marzo, forse
Ieri c’è stato un incontro tra Napolitano, Monti e i presidenti delle Camere per discutere l’accorpamento delle elezioni regionali a quelle politiche e per cercare di trovare il miglior compromesso per la data del voto.

In base alla nota scritta dall’ufficio di Napolitano dopo la riunione, l’accordo sembra essere stato trovato nella data del 10 marzo 2013. Una data in cui poter accorpare sia le elezioni regionali, sia le elezioni politiche, a patto che prima siano approvate la legge di stabilità e la nuova legge elettorale.

Napolitano ha scritto che sarebbe sconsigliato «un affannoso succedersi di prove elettorali». Un’ipotesi che invece era sostenuta dal Partito Democratico, che era d’accordo con la decisione del ministero degli Interni di votare per le elezioni regionali il 10 e 11 febbraio e aspettare invece la fine naturale della legislatura per rinnovare il Parlamento.

Anche se non spetta al Presidente della Repubblica decidere il giorno del voto per il rinnovo dei Consigli regionali, Napolitano ha scritto che si ritiene «appropriata la data del 10 marzo 2013». Per quanto riguarda invece lo scioglimento delle Camere, che è una prerogativa del capo dello Stato, Napolitano conferma in parte quanto detto già il 3 novembre scorso: per votare in anticipo devono esserci «condizioni oggettive e di motivazioni plausibili».

Nonostante le precisazioni, il presidente della Repubblica sembra essere d’accordo con l’election day, tanto che tutti i partiti sembrano essere soddisfatti di questa nuova prospettiva, compresa la Lega Nord. Inoltre, l’unica priorità «ineludibile», per andare a votare in anticipo, ha detto Napolitano, è l’approvazione della legge di stabilità, mentre quella della riforma elettorale è diventata soltanto «auspicabile», secondo quanto riportato da Repubblica.

Il segretario del PD Pier Luigi Bersani ha detto che la valutazione di Napolitano sulla possibile scelta della data delle elezioni (accorpate) è giusta e che il Partito Democratico è disposto a «lavorare per creare i presupposti di cui parla il Presidente della Repubblica», cioè appunto l’approvazione della legge di stabilità e della riforma elettorale. Angelino Alfano, il segretario del PdL, ha scritto sul proprio account Twitter di concordare con «il comunicato del Quirinale» e che in questo modo si possono risparmiare «100 milioni».

I tempi
Se si votasse per le elezioni politiche il prossimo 10 marzo, il presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere le Camere entro la seconda metà del mese di gennaio e, secondo quanto scrive oggi il Corriere della Sera, la prima riunione del nuovo Parlamento per eleggere i presidenti di Camera e Senato potrebbe esserci il 28 marzo, mentre l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica sarà a metà aprile. Perché si verifichi questa prospettiva, i partiti politici devono trovare un accordo sulla legge elettorale in tempi stretti e approvarla entro il 15 gennaio prossimo, spiega il Messaggero.

La nuova legge elettorale, o semplicemente le modifiche che potrebbero essere fatte a quella attuale, riguardano principalmente due punti: la soglia per ottenere il premio di maggioranza per la coalizione che prenderà più voti e il premio per il primo partito. Nei giorni scorsi, alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, PdL, UdC e Lega Nord avevano trovato un accordo per fissare la soglia del premio di maggioranza al 42,5 per cento, mentre non era previsto un premio per il primo partito. Si tratta di un sistema di voto proporzionale che prevede dei correttivi che diano un effetto maggioritario: i seggi sarebbero assegnati per due terzi con le preferenze e per il restante terzo con listini bloccati, cioè con candidati decisi dai partiti.

Il premio di maggioranza previsto (il cosiddetto premio di governabilità) è del 12,5 per cento e andrebbe alla coalizione che supererà il 42,5 per cento dei voti: in base a queste percentuali nessuna coalizione potrà ottenere, con il premio, più di 340 seggi alla Camera dei Deputati e più di 170 seggi al Senato. Il Partito Democratico è stato da subito contrario a questa soglia: ha proposto invece il 40 per cento come soglia per accedere al premio per la coalizione. Per cercare di trovare un compromesso, il relatore del provvedimento del PdL Lucio Malan ha presentato un emendamento che prevede un premio per il primo partito, nel caso in cui nessuna coalizione raggiunga la soglia del 42,5 per cento: anche qui i partiti sono divisi, sulla quota minima da stabilire.

Secondo il PD dovrebbe essere un premio pari al 10 per cento dei seggi, mentre per il PdL il premio dovrebbe essere del 6 per cento, sempre per quanto riguarda il primo partito. La Commissione del Senato si riunirà di nuovo martedì prossimo. Per quanto riguarda la legge di stabilità, il governo ha deciso che sarà votata con la fiducia: la Commissione Bilancio della Camera, dopo averla modificata, l’ha approvata giovedì scorso e ora è in discussione alla Camera, prima delle votazioni di mercoledì e giovedì.

Contro l’election day, di Francesco Costa

Foto: Giorgio Napolitano (Roberto Monaldo / LaPresse)