Al Post siamo un po’ critici rispetto alla perpetua immagine dell’Italia promossa all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, fatta di anacronistiche vespe tra vicoli della costiera amalfitana, gondole e vite che sembrano sempre in una pubblicità del Campari o in un film neorealista: l’Italia è un’altra cosa, molte altre cose, e se esiste ancora quel suo aspetto è mantenuto quasi del tutto posticcio per i turisti, appunto. Però è pure vero che si è anche quel che si mostra di essere, e che quel posticcio è una parte rilevante dell’immagine dell’Italia: e che infine, se gli stranieri continuano a usare sfinentemente la vetusta espressione “Dolce vita”, ce la siamo anche un po’ cercata. Un po’ col concorso della pigrizia delle riviste contemporanee e un po’ perché quel tempo c’è stato, in cui l’Italia era quella cosa lì, e Capri, via Veneto, Sorrento, Venezia, erano davvero il centro del mondo che voleva farsi una vacanza vacanza. E arrivavano tutti, e i fotografi li seguivano e costruivano l’archivio per i posteri di quella cosa lì, di quando Hemingway, Liz Taylor, Steinbeck, Doris Day e Adenauer erano sempre da queste parti.
- Cultura
- martedì 24 Luglio 2012 Questo articolo ha più di undici anni