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  • Domenica 15 luglio 2012

I 3 secondi più famosi della storia del basket

Marco Imarisio ha raccontato sulla Lettura come andò a finire la rocambolesca finale olimpica di basket a Monaco '72, vinta dall'URSS contro gli USA

Soviet Union basketball team player, Aleksandr Belov scores the winning basket to push his team past the United States 51-50 during the summer Olympics in Munich Sept. 10,1972.(AP Photo)
Soviet Union basketball team player, Aleksandr Belov scores the winning basket to push his team past the United States 51-50 during the summer Olympics in Munich Sept. 10,1972.(AP Photo)

Sulla Lettura della scorsa settimana, Marco Imarisio ha raccontato la storia della finale di basket tra URSS e USA alle Olimpiadi di Monaco, vinta dai sovietici 51 a 50 in modo molto rocambolesco. Era il 9 settembre del 1972 e, dopo una partita molto combattuta, la sfida si decise negli ultimi tre secondi di gioco che, per decisione di William Jones, l’allora presidente della Federazione Internazionale del Basket (FIBA), si giocarono tre volte. Con un seguito di polemiche e di accuse di “vittoria rubata” da parte degli USA che andarono avanti per anni.

La vittoria della nazionale sovietica fu una vittoria storica: il mondo era ancora diviso dalla Cortina di ferro, si era in piena guerra fredda, una settimana prima lo scacchista statunitense Bobby Fischer aveva sconfitto il sovietico Boris Spassky, ma soprattutto fu la prima volta che gli statunitensi non riuscirono a vincere la medaglia d’oro nel basket alle Olimpiadi.

Gli americani sono spietati con i perdenti. Anche quando sono loro a essere battuti. «E adesso un bell’applauso alla prima squadra Usa sconfitta in una competizione olimpica».

Nel 1984 i cinque cerchi tornarono in America dopo un’assenza durata 52 anni. Al Forum di Los Angeles, nella giornata inaugurale del torneo di basket, andò in scena la parata dei vincitori delle passate edizioni. Tutti a stelle e strisce. La pallacanestro è nata qui, è il gioco nazionale, le cartoline dei campi di grano del Midwest o delle metropoli hanno sempre un cesto e una retina sullo sfondo. Sette medaglie d’oro, a partire dal 1936, Berlino, quando il basket divenne sport olimpico. Tutti, tranne uno. Il kiddie corps, la pattuglia dei ragazzini. L’annuncio dello speaker fu un gesto di involontaria crudeltà. Venne seguito da sparuti applausi,molto silenzio, altrettanto imbarazzo. Al centro del campo, Doug Collins trattenne a stento le lacrime. «Fu un’ulteriore ingiustizia. Mi fece male, e mi fa male parlarne oggi».

Monaco, 9 settembre 1972, Rudi-Sedlmayer Halle, finale per la medaglia d’oro. Urss 49-Usa 48, sette secondi alla fine. Collins recupera il pallone decisivo, si butta verso l’area degli avversari. Viene fermato da un fallo terminale. Si rialza. Batte i tiri liberi. Due su due, Urss 49-Usa 50. I giovani americani hanno completato una rimonta pazzesca contro una squadra di volponi che vivono per sconfiggere l’Amerika. C’è un problema, però. Mancano tre secondi alla fine. I tre secondi più famosi della storia del basket. E della Guerra fredda tra le due superpotenze mondiali. Maestro di Michael Jordan, coach dei Sixers di Philadelphia, Collins è uno dei personaggi più rispettati dello sport americano. Marito, padre, nonno. «Ho avuto una vita felice. Ma se Dio mi concedesse di tornare indietro, per una volta, non avrei dubbi: chiederei di poter rigiocare una partita. Quella».”

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