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Perché si parla sempre di Ligresti

Guida minima per capire i fatti di questi giorni, la possibile fusione tra Premafin e Unipol, e come ci siamo arrivati

di Davide Maria De Luca

Martedì sera, dopo una riunione (seduta) del consiglio di amministrazione durata più di cinque ore, la famiglia Ligresti ha dato il suo via libera all’aumento di capitale di Premafin. È uno degli ultimi passi per rendere possibile la fusione tra il gruppo assicurativo Unipol (che appartiene alle Coop) e l’impero familiare dei Ligresti (le assicurazioni Fonsai e Milano e la holding che le controlla, Premafin). La scelta per la famiglia era tra due alternative difficili: accettare condizioni svantaggiose o veder fallire il gruppo. “Non dormo da tre giorni”, ha raccontato Giulia Ligresti. Le agenzie l’hanno descritta, insieme alla sorella Jonella, con occhi rossi e gonfi di stanchezza e di pianto. Se avrà successo, l’operazione salverà dai debiti le società di famiglia. La nuova società, nella quale però i Ligresti avrebbero una quota molto ridotta, diventerebbe il leader in Italia nel campo dei sinistri assicurativi. La fine della vicenda Unipol-Fonsai arriva dopo quasi un anno di vicende intricate che hanno coinvolto tutta la finanza italiana.

Chi sono i Ligresti
Alcuni li chiamano i Ligrestos, pensando ai Sopranos, la famiglia di mafiosi siculo americani dell’omonima serie televisiva. I Ligresti non sono mai stati condannati per mafia, ma sono siciliani e sono una famiglia patriarcale, come i Soprano. Del capofamiglia, Salvatore Ligresti, il giornalista Filippo Astone, nel suo libro Gli affari di famiglia scrive: “La collaborazione [in famiglia] è una delle più strette che si possano immaginare: in pratica decide tutto lui”. Salvatore Ligresti, 80 anni, è nato a Paternò, come Antonino La Russa, padre dell’ex ministro Ignazio. Ligresti e La Russa sono due famiglie alleate. Antonino introdusse Salvatore ai personaggi importanti della Milano anni Settanta, tra cui Enrico Cuccia. Salvatore ricambiò dandogli un posto nel Cda della sua holding, Premafin. L’alleanza e lo scambio di poltrone in Cda dura ancora oggi, ai tempi di Romano, Ignazio e di suo figlio Geronimo.

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Salvatore Ligresti arriva a Milano dopo la laurea in ingegneria a Padova negli anni Sessanta. Si sposa nel 1966 con la figlia del provveditore alle opere pubbliche della Lombardia. Con gli appalti e il boom edilizio sotto le giunte socialiste della Milano da bere comincia le sue fortune. La sua ascesa è rapida e piuttosto misteriosa come quella dell’altro palazzinaro milanese, Silvio Berlusconi. Nel 1978 Salvatore Ligresti dichiara 30 milioni di lire di imponibile. Qualche anno dopo è uno degli uomini più ricchi di Italia. Con l’acquisto di una quota nell’assicurazione Sai arriva anche a sedere nel cosiddetto “Salotto Buono” di Mediobanca. Una specie di investitura: lo sconosciuto di Paternò è diventato uno dei grandi del capitalismo italiano.

Il Salotto Buono
Il Salotto Buono non è un’espressione metaforica come “poteri forti”. Indica un luogo fisico: via Filodrammatici (ora piazzetta Cuccia) a Milano. Là si riunisce il Consiglio di amministrazione di Mediobanca. Unica banca fino agli anni Novanta autorizzata a concedere prestiti a lungo termine, Mediobanca era il “passaggio a livello” da cui si doveva passare per diventare una grande impresa. Per farlo era necessario appartenere al ‘giro’ dei due dioscuri della banca: Giovanni Agnelli ed Enrico Cuccia. Non è chiaro cosa spinse Enrico Cuccia a legarsi a Salvatore Ligresti. Forse furono le comuni origini siciliane, forse furono le partecipazioni azionarie di Sai, che interessavano a Mediobanca o forse, come sostengono alcuni, la protezione che Ligresti poteva offrire a Cuccia grazie alle sue conoscenze. Il rapporto Ligresti-Mediobanca si dimostrerà saldo almeno fino ai giorni nostri.

Scatole cinesi, patti di sindacato e azioni di risparmio
Salvatore Ligresti ha un soprannome: Mister 5 per cento. Perché è uno dei più bravi nel metodo preferito dal Salotto Buono: controllare aziende e società possedendo soltanto una piccola percentuale dell’azionariato. Questo metodo ha a che fare con i tre strumenti principali del Salotto Buono: le scatole cinesi, i patti di sindacato e le azioni di risparmio. Il funzionamento delle scatole cinesi è semplice: se possiedo il 51 per cento della società A che a sua volta possiede il 51 per cento della società B che a sua volta possiede il 51 per cento della società C, posso controllare C possedendo soltanto una minuscola parte delle azioni di C. Grazie ai patti di sindacato posso evitare anche di controllare il 51 per cento di A.

Un patto di sindacato è un accordo tra alcuni azionisti di un impresa. Con questo accordo si impegnano a deliberare di comune accordo sugli aspetti della vita della società. Si tratta, in sostanza, di alleanze scritte che permettono di controllare una società a degli azionisti che solo mettendosi insieme riescono ad avere la maggioranza (assoluta o relativa) della azioni della società. Quindi se io posseggo solo il 26 per cento delle azioni di A e ho sottoscritto un patto di sindacato con un altro socio che ne possiede il 25 per cento, posso controllare A, B e C possedendo un numero ancora inferiore di azioni. Questo numero si può abbassare ancora se la società ha emesso azioni di risparmio. Si tratta di azioni che danno dei privilegi nella raccolta dei dividendi. In altre parole: a parità di numero di azioni, chi possiede azioni di risparmio riceve un numero più alto di dividendi. In cambio rinuncia al diritto di voto in assemblea. Tutti questi strumenti sono ampiamente utilizzati nella galassia dei Ligresti.

Stock option e ottimi stipendi
Nel 2002 Mediobanca aiuta la famiglia Ligresti a uscire dalla brutta situazione nella quale era arrivata dopo la condanna del patriarca a 2 anni e 4 mesi di reclusione nel 1992, durante Tangentopoli. A Enrico Cuccia è succeduto Vincenzo Maranghi, che per Salvatore Ligresti non ha la stessa stima. Maranghi cede Fondiaria, un’importante società di assicurazioni in mano a Mediobanca, a Salvatore. Dalla fusione con Sai nasce Fondiaria-Sai: il primo polo assicurativo per l’Rc Auto. I Ligresti vedono raddoppiare il loro giro di affari. Maranghi però avverte Salvatore: gestisci l’azienda con rigore e non cedere alle logiche familiari. Un consiglio che Salvatore non segue. Dopo poco tempo l’amministratore delegato Enrico Bondi (che qualche anno dopo risanerà Parmalat e ora è commissario alla spending review) viene cacciato e i figli di Salvatore vengono sistemati nei consigli di amministrazione di tutte le società e le loro controllate.

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