Il ddl anticorruzione “salva” Penati e Berlusconi?

Oggi Repubblica dice di sì, il Corriere dice di no: cerchiamo di capirne qualcosa, mentre la Camera ha votato l'approvazione

Oggi la Camera ha approvato con 354 voti favorevoli, 25 contrari e 102 astenuti l’approvazione del disegno di legge anticorruzione, che ha avuto un periodo di elaborazione e discussione molto lungo. È stato approvato dal Senato nel giugno del 2011 e contiene, tra le altre cose, provvedimenti per la maggiore chiarezza e trasparenza dell’attività delle amministrazioni pubbliche, un inasprimento delle pene per i reati di corruzione, incentivi e garanzie per i dipendenti pubblici che denuncino episodi di corruzione. La legge delega poi il governo, entro un anno dall’approvazione definitiva, ad approvare un decreto legislativo sull’incompatibilità tra la carica di parlamentare e le condanne per reati di corruzione. Il disegno di legge torna ora al Senato, dato che il testo approvato dalla Camera contiene modifiche rispetto a quello del giugno dello scorso anno.

(Che cos’è il ddl anticorruzione)

Oggi i giornali si occupano molto della possibilità che la legge contenga norme che influiscano su alcuni celebri processi in corso. In particolare due: il primo è quello dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che è indagato a Milano per il cosiddetto “processo Ruby”. L’accusa, oltre che di prostituzione minorile (ovviamente non toccata dalla nuova legge in questione) è anche di concussione, per le pressioni fatte sui funzionari della Questura di Milano affinché affidassero a Nicole Minetti l’allora minorenne marocchina Karima El Mahroug, fermata per furto il 27 maggio 2010.

L’altro processo in questione è quello a Filippo Penati, esponente importante del Partito Democratico in Lombardia e indagato dalla Procura di Monza per concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti per i progetti di riqualificazione dell’area ex Falck nel comune di Sesto San Giovanni.

Le modifiche al reato di concussione
Ma vediamo quali sono le parti del ddl anticorruzione che potrebbero riguardare Berlusconi e Penati. Si tratta di alcune modifiche ai tempi di prescrizione e le modifiche all’articolo del codice penale (il 317) che oggi disciplina il reato di concussione. Questo definisce attualmente il reato come i casi in cui «il pubblico ufficiale […], abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente denaro od altra utilità». La pena prevista è tra i 4 e i 12 anni.

La nuova legge divide il reato in due, dividendo i casi in cui il pubblico ufficiale “costringa” o “induca”: nel caso in cui il giudice riconoscerà che il privato è stato costretto, il privato sarà una vittima non sanzionata e il pubblico ufficiale rischierà una pena tra i 6 e i 12 anni di carcere (questo caso sarà disciplinato dal nuovo articolo 317 c.p.); nel caso invece in cui il privato è stato solo indotto, il pubblico ufficiale sarà punito con una pena da 3 a 8 anni e il privato con una pena fino a 3 anni (questo caso sarà disciplinato dall’articolo 319-quater).

Le modifiche riguardano Berlusconi?
In alcuni articoli pubblicati oggi su Repubblica si elencano diversi processi celebri che sarebbero interessati dalle modifiche della legge, con il perentorio titolo “Da Penati a Berlusconi, da Tarantini a Papa ecco i processi che saltano se passa la riforma”. Ecco il passaggio, non chiarissimo, con cui viene spiegato da Emilio Randacio che cosa c’entra Berlusconi:

Cinque anni in meno per celebrare il processo Ruby e un’«insidia» che potrebbe essere utilizzata dai legali del Cavaliere per tentare di smontare l’accusa. È questa la principale conseguenza al Tribunale di Milano del decreto anticorruzione.

Per il Rubygate, le modifiche riguardano la concussione. Il processo non rischia uno stop, ma la prescrizione si accorcia al 2020. Potrebbe, però, offrire un’«insidia», spiegano fonti della procura, nel caso i difensori di Berlusconi volessero dare un’interpretazione estensiva alla riforma coinvolgendo anche il funzionario della questura che fece rilasciare Ruby.

In questo caso, quindi, facendo rientrare il reato commesso da Berlusconi non più tra quelli previsti dall’articolo 317 (e quindi con prescrizione dopo 15 anni, nel 2025) ma tra quelli previsti dall’art. 319-quater, il funzionario della Questura non sarebbe più considerati solo vittima del comportamento del premier ma in qualche modo parzialmente colpevole: in questo caso la prescrizione per Berlusconi avverrebbe cinque anni prima. Si parla comunque di scadenze molto lontane nel tempo, considerato anche che il processo Ruby è già a buon punto in tribunale.

Luigi Ferrarella sul Corriere spiega invece perché le nuove norme non sono state fatte per salvare Penati né Berlusconi, come da reciproche accuse dei partiti. Secondo Ferrarella, nel caso di Berlusconi il comportamento dell’ex presidente del Consiglio continuerà sicuramente ad essere considerato reato come prima, anche con i cambiamenti all’attuale articolo 317 del codice penale (quello che disciplina il reato di concussione), dato che tutti i casi previsti dal vecchio articolo saranno salvaguardati e rientreranno o nel nuovo articolo 317 o nel nuovo articolo 319-quater. È vero che si abbasseranno i termini della prescrizione (da 15 a 10 anni) ma per il processo Ruby questo vorrebbe dire comunque, conclude Ferrarella, una prescrizione nel maggio del 2019, piuttosto lontano nel tempo.

Le modifiche riguardano Penati?
Repubblica scrive poi, a proposito di Penati, che “per la concussione saremmo di fronte a una prescrizione già certa (i processi dovrebbero concludersi entro l’anno e non più nel 2017)”. E più oltre:

L’approvazione del ddl anticorruzione farebbe saltare un intero pezzo dell’inchiesta sul “Sistema Sesto”, su cui indagano i pm della procura di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia: il filone sulla riqualificazione delle aree Falck. Sarebbero coperte da prescrizione le accuse a Filippo Penati, a Giordano Vimercati e agli uomini delle coop rosse: il vicepresidente del Consorzio cooperative costruttori, Omer Degli Esposti, e i due consulenti che sarebbero stati imposti al proprietario dell’area, Giuseppe Pasini. Ma mentre le coop rosse sarebbero totalmente salve — per fatti tra il 2000 e il 2004 — nulla eviterà il processo a Penati per gli altri capi d’imputazione: le presunte tangenti per la terza corsia dell’autostrada A7 e per i finanziamenti illeciti alla sua associazione “Fare Metropoli”.

Ferrarella sul Corriere ridimensiona l’impatto delle modifiche sulle inchieste e i processi che riguardano Penati. Nel caso di Penati, le due accuse per corruzione e le due per violazione della legge sul finanziamento ai partiti continueranno a prescriversi secondo le vecchie regole, dopo 7 anni e mezzo (e quindi, dice Ferrarella, tra metà 2016 e metà 2017).

Le tre accuse di concussione saranno invece, in effetti, modificate dalla nuova legge per quanto riguarda i tempi della loro prescrizione: dato che la prescrizione in questi casi si calcola con il massimo della pena più un quarto, la prescrizione per il pubblico ufficiale coinvolto, in questo caso Penati, varierà tra i 15 anni per i reati previsti dal nuovo art. 317 (pena massima 12 anni, quindi prescrizione 15 anni) e i 10 anni per i reati previsti dall’art. 319-quater (pena massima 8 anni, quindi prescrizione 10 anni). Secondo Ferrarella,

I capi A e B, che per l’area ex Ercole Marelli a Sesto accusano l’allora sindaco Penati d’aver indotto due imprenditori a una iniqua permuta di terreni, risalgono al 2000 e oggi si prescriverebbero nel 2015 in 15 anni (12 di pena massima più 3), mentre con la nuova legge si sarebbero già prescritti nel 2010 in 10 anni (8 più 2). Diverso l’impatto sul capo C, che imputa a Penati di aver indotto un costruttore a promettergli 20 miliardi di lire, versargliene 4 e affidare incarichi per 1,8 milioni di euro a due professionisti delle coop rosse per l’area ex Falck: l’accusa è fino al 2004, sicché l’attuale prescrizione, ancorata al 2019, con la nuova legge arriverebbe già nel 2014: termine stretto per tre gradi di giudizio, anche se per la storia va ricordato che nel 2011 il gip negò ai pm l’arresto di Penati perché qualificò i fatti non come concussioni ma come corruzioni già prescritte.

foto: LaPresse