Sette citazioni di John Cheever

Lo scrittore americano nacque a Quincy un secolo fa

AP
AP

Cento anni fa, il 27 maggio 1912 a Quincy (Massachusetts), nacque John Cheever, uno dei più grandi scrittori americani. Cheever ha scritto diversi romanzi, ma è diventato famoso soprattutto per i suoi racconti che gli hanno fatto ricevere l’appellativo di “Chekhov delle periferie”. I suoi libri sono ambientati spesso nell’Upper East Side di Manhattan, nei sobborghi della Contea di Westchester, nel New England e in Italia, specialmente a Roma. Cheever ha vinto il National Book Award per la narrativa (la prima volta nel 1958 per il romanzo Lo scandalo Wapshot), e soprattutto il Premio Pulitzer per la narrativa per la raccolta The Stories of John Cheever del 1979.

Tra i temi principali della narrativa di Cheever ci sono i dualismi interni della natura umana e conflitti tra i personaggi (spesso capita tra fratelli) che incarnano il bene e il male, la materialità e lo spirito e così via. Spesso Cheever nei suoi libri mostra una nostalgia per un certo tipo di vita americana, tradizionale e segnata profondamente dal senso della comunità, in opposizione al nomadismo spersonalizzante della periferia moderna. Questi temi si riflettono anche nelle sue citazioni, che abbiamo scelto per ricordarlo a 100 anni dalla sua nascita.

– Quando penso alla mia famiglia, mi ricordo sempre delle loro schiene. Se ne andavano via sempre sdegnati. (1984)

– L’arte è il trionfo sul caos. (1978)

– La nostalgia non è niente. Il 50 per cento della gente nel mondo ha nostalgia, sempre.

– La saggezza è la conoscenza del bene e del male, non la capacità di scegliere tra le due cose. (1956)

– Non posso scrivere senza lettori. È come un bacio: non te lo puoi dare da solo. (1979)

– Il bisogno di scrivere viene dal bisogno di dare un senso alla propria vita e sentirsi utili. (1979)

– Non comprendo l’oscenità capricciosa della mente che dorme. (1955)

Foto: AP