Sei canzoni di Donna Summer

Incontrò Giorgio Moroder, ansimò e sospirò parecchio, e divenne un mito

American soul-disco singer Donna Summer arrives at Heathrow Airport for a three day visit to London. Her latest record 'Love To Love You Baby' was banned by the BBC. (Photo by Keystone/Getty Images)
American soul-disco singer Donna Summer arrives at Heathrow Airport for a three day visit to London. Her latest record 'Love To Love You Baby' was banned by the BBC. (Photo by Keystone/Getty Images)

Da “Playlist, la musica è cambiata”, di Luca Sofri.

Donna Summer
(1948, Boston, Massachusetts)
Quando diventò “la regina della disco” si era già data da fare con generi più canonici. Era di Boston ma venne in Europa, dove finì nelle braccia di Giorgio Moroder da Ortisei, lo stregone pazzo della discomusic. Ansimò e sospirò parecchio, e divenne un mito. C’erano lei e Barry White: lei era più carina, però.

Love to love you baby
(Love to love you baby, 1975)
Sesso sesso sesso. E ancora sesso sesso sesso. Fu uno dei primi pezzi dell’era disco a essere esteso oltre i sette minuti, nella versione dell’LP (a includere quel formidabile cambio di tono). Poi la cosa divenne una consuetudine, per andare incontro alle esigenze pratiche dei deejay.

Could it be magic
(A love trilogy, 1976)
Scritta nel 1973 da Barry Manilow attingendo a un preludio di Chopin, del quale sarebbe interessante conoscere il parere. L’album, A love trilogy, è un raro caso di LP di culto e quasi-concept proveniente dal genere disco.

I feel love
(I remember yesterday, 1977)
La techno prima della techno, inventata da Moroder. Una pietra miliare della storia della musica elettronica. Meno gemiti di “Love to love you baby”, ma la stessa eccitazione ripetitiva e trascinata. Potrebbe andare avanti ore (e infatti ne fioccarono remix ed estensioni; e una cover frocissima di Jimi Somerville).

I love you
(Once upon a time, 1977)
In Italia abbiamo “Ti amo” di Tozzi, e la partita è chiusa. Ma se ci pensate, non è strano che nella storia del pop anglosassone non esista nessuna celebre canzone col titolo più ovvio di tutti? Questa ci prova, onorevolmente.

MacArthur park suite
(The best of Donna Summer. Live and more, 1978)
Formidabile supermix costruito intorno alla cover di “MacArthur park” (scritta da Jimmy Webb nel 1968) con l’aggiunta di “One of a kind” e “Heaven knows”, e pubblicato in coda a Live and more.
Diciassette minuti: MacArthur Park è a Los Angeles, per i feticisti.

On the radio
(On the radio, 1979)
La raccolta omonima che conteneva la canzone fu il suo terzo disco doppio ad andare al numero uno negli Stati Uniti, uno dopo l’altro: non era mai successo a nessuno.