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  • Giovedì 10 maggio 2012

Mitt Romney, il bullo

Il Washington Post ha raccontato una sgradevole bravata liceale del candidato repubblicano, che a cinquant'anni di distanza si è scusato con qualche imbarazzo

Matthew Friedemann è un dentista, Philip Maxwell un avvocato, David Seed e Thomas Buford sono due pensionati e hanno almeno una cosa in comune: sono stati compagni di liceo di Mitt Romney, l’uomo che sfiderà Barack Obama per i repubblicani alle elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti. Gli ex compagni di scuola, contattati da Jason Horowitz per un suo lungo reportage pubblicato dal Washington Post, ricordano in particolare un episodio di bullismo che vide protagonista Romney mentre frequentava la Cranbrook School di Bloomfield Hills, nel Michigan. Un episodio controverso, che sta causando qualche imbarazzo al candidato alle presidenziali e allo staff che ne gestisce la campagna elettorale.

Stando al racconto degli ex compagni di scuola e di altri testimoni, che hanno preferito mantenere l’anonimato, nel 1965 Romney organizzò con altri studenti della scuola una bravata contro un altro ragazzo. Lo studente si chiamava John Lauber ed era un anno indietro rispetto a Romney. Veniva spesso preso in giro per i suoi modi di fare poco conformisti e un po’ effeminati, che secondo diversi studenti erano la prova della sua omosessualità. Lauber aveva i capelli ossigenati e a Mitt Romney la cosa non andava proprio giù. “Non può andarsene in giro conciato così. È tutto sbagliato. Ma guardalo!” diceva al suo amico Friedemann.

Alcuni giorni dopo la fine della pausa di primavera di quell’anno, Friedemann vide Romney che guidava un piccolo drappello di studenti e annunciava di voler tagliare i capelli di Lauber. Il gruppo raggiunse una stanza in cui si trovava l’ignaro Lauber, che fu immobilizzato. Il ragazzo, chiaramente spaventato, scoppiò a piangere mentre Romney iniziò a tagliargli i capelli con un paio di forbici. Alla bravata assistettero diverse persone, che quasi cinquant’anni dopo hanno confermato più o meno con gli stessi particolari la storia al Washington Post.

Ancora oggi Friedemann dice di provare dispiacere per quanto avvenne quel giorno e per non aver fatto abbastanza per fermare Romney e gli altri ragazzi. Finita la spedizione punitiva, Romney e i suoi compagni tornarono nelle loro stanze. Friedemann non disse nulla a nessuno, racconta oggi, confidando che la notizia iniziasse comunque a circolare nella scuola e arrivasse all’orecchio di qualche responsabile. Invece non accadde nulla e né Romney né i suoi compagni subirono alcuna punizione, nonostante avessero violato molte delle strettissime norme del regolamento della scuola. All’epoca George W. Romney, il padre di Mitt, era governatore dello Stato del Michigan.

Dopo l’episodio di bullismo, Lauber sparì per qualche giorno e, quando ricomparve, aveva i capelli molto corti e del loro colore naturale. Finì l’anno, ma non si diplomò alla scuola perché fu allontanato dopo essere stato scoperto mentre fumava una sigaretta. A metà anni Novanta, David Seed incontrò Lauber per puro caso all’aeroporto O’Hare di Chicago. Scambiarono qualche parola e Seed si scusò per come erano andate le cose in quel lontano 1965, ammettendo che avrebbe dovuto fare qualcosa per aiutare il ragazzo. Lauber gli confidò di aver pensato spesso a quell’episodio negli anni seguenti.

Per la sua inchiesta, Horowitz del Washington Post ha provato a mettersi anche in contatto con Lauber e a ottenere una sua versione della vicenda. Ha così scoperto dalle sue tre sorelle che Lauber è morto nel 2004. I responsabili della campagna elettorale di Romney hanno negato al giornalista un’intervista con il loro candidato. Una portavoce ha inoltre spiegato che Romney non serba alcun particolare ricordo di quell’episodio al liceo. Il lungo articolo di Horowitz racconta anche com’era Romney al tempo delle scuole superiori e l’atteggiamento spesso spavaldo che aveva nei confronti dei propri compagni, citando molte fonti e alcuni aneddoti.

L’inchiesta del Washington Post è stata ripresa da giornali e televisioni negli Stati Uniti, che in alcuni casi hanno ingigantito la vicenda senza ricordare che si trattò comunque di una bravata condotta da un gruppo di liceali. Quello del bullismo è del resto un tema molto sentito negli Stati Uniti, dove ogni anno si segnalano episodi di violenze e bravate oltre il limite in molti istituti scolastici. Lo stesso Romney, in seguito alla pubblicazione dell’articolo, ha dato una propria versione dell’accaduto durante un’intervista radiofonica su una emittente della FOX. Ha spiegato che non credeva “in alcun modo che quel ragazzo potesse essere omosessuale” perché “era una cosa lontana anni luce da ciò che avevamo in mente negli anni Sessanta”. Romney si è comunque scusato, ammettendo che al tempo del liceo fece un sacco di idiozie: “Sono una persona diversa, ora. Partecipai a un sacco di pasticci e scherzacci alle superiori e con alcuni andai probabilmente un po’ troppo oltre, e me ne scuso”.