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  • Lunedì 19 marzo 2012

I lipoveni in Romania

Foto e storia di una minoranza religiosa che abita nel delta del Danubio e fatica per mantenere le proprie tradizioni

di Claudia Bellante

I lipoveni abitano il delta del Danubio romeno da quando, alla fine del 1600, i loro antenati si opposero alle riforme introdotte dal patriarca Nikon alla Chiesa ortodossa russa e furono costretti a lasciare il loro Paese per fuggire alle persecuzioni. I “Vecchi Credenti”, come vengono anche chiamati, trovarono nella regione del delta un rifugio naturale per mantenere intatte le loro convinzioni religiose e le loro tradizioni di sussistenza legate alla pesca. In tutto, la comunità lipovena romena è composta da poche migliaia di persone e vive per lo più in piccoli villaggi che sorgono sulle sponde del fiume, come Sfistovca, Periprava e Mila 23.

Bisogna andare però a Tulcea, la cittadina portuale capoluogo della regione, per comprendere il conflitto che sta nascendo tra le loro usanze millenarie e le esigenze di una zona che rappresenta allo stesso tempo un’importante meta turistica e un’incredibile riserva naturale da preservare. Natalia Neumann è una piccola signora dai grandi occhi azzurri ed è la rappresentante della comunità lipovena di Tulcea. È sposata con un signore ebreo e suo figlio Edy, dopo aver studiato a Londra, ora è tornato a casa e fa il musicista jazz. Questi dettagli personali aiutano a ridimensionare immediatamente l’idea che si può avere di una comunità ortodossa. Natalia mostra orgogliosa il nuovo Centro culturale lipoveno dove organizza convegni, corsi di lingua russa e dove si riunisce il coro che lei stessa dirige.

«La vita in città per i lipoveni è più facile», spiega. «Noi ormai ci siamo completamente integrati, facciamo ogni tipo di lavoro e non dipendiamo più dalla pesca. Ma per chi vive nei villaggi è diverso, loro si sentono in pericolo», spiega Natalia. La minaccia è rappresentata dall’Istituto Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo del delta del Danubio guidato da Grigore Baboianu, che per preservare la biodiversità della zona ha dovuto limitare l’attività di pesca a determinati periodi dell’anno tramite permessi che gli stessi lipoveni devono richiedere e pagare. «Dobbiamo riparare i danni fatti dal regime di Ceauşescu che pretendeva trasformare la regione in una zona agricola. La costruzione di dighe e il prosciugamento di intere aree ha alterato l’ecosistema in modo quasi irreversibile, per questo ora dobbiamo intervenire. I lipoveni sanno che non stiamo facendo niente contro il reale corso della Natura che loro stessi dicono di conoscere e rispettare. Se il delta tornerà ad essere il patrimonio di flora e fauna che era, i vantaggi saranno per tutti».

Ilie Munteanu, lipoveno che vive a Mila 23, non la pensa così: «Sotto Ceauşescu stavamo meglio. Non avevamo bisogno di permessi per fare ciò che facciamo da secoli. Adesso nei mesi in cui non possiamo pescare non abbiamo di che vivere». Per far fronte ai mesi di magra, alcuni amici di Munteanu si sono aperti al turismo offrendo ai visitatori ristoranti e B&B. Ma la sensazione che si ha è che il delta sia destinato all’abbandono da parte dei suoi giovani abitanti che non vedono nessuna prospettiva. Come Mirça, il figlio di Ilie: «Qui non c’è più lavoro per nessuno, va bene solo per venirci in vacanza d’estate. Se mi sento lipoveno?», riflette accendendosi una sigaretta e buttando giù un bicchiere di rakija, contravvenendo in un colpo solo a due degli insegnamenti di suo padre. «Faccio il tassista in Inghilterra da due anni e tempo per andare in Chiesa non ne ho».

Le foto sono di Mirko Cecchi.