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  • Venerdì 9 marzo 2012

Chi ha fatto il video contro Kony

E come ha fatto il documentario a essere visto più di 50 milioni di volte in tre giorni, mentre i suoi autori si difendono dalle molte critiche ricevute

Il documentario dell’associazione statunitense Invisible Children Inc. per sensibilizzare il mondo e richiedere l’arresto del leader ribelle ugandese Joseph Kony ha raggiunto i 49,6 milioni di visualizzazioni su YouTube. Sul sito di condivisione video Vimeo, il documentario ha altri 14,5 milioni di visualizzazioni.

(Il documentario contro Joseph Kony)

In pochi giorni il documentario Kony 2012 è stato visto e condiviso milioni di volte, tanto che da ieri la notizia sui media di mezzo mondo non è più il contenuto del video ma il video stesso. Isaac Hepworth, che lavora per Twitter, ha mostrato così l’aumento esponenziale dei tweet che contengono la parola “Kony” o con l’hashtag #stopkony.

MSNBC ha ricostruito come il video è diventato celebre su internet: è stato pubblicato per la prima volta intorno a mezzogiorno di lunedì, ora della California (le nove di lunedì sera in Italia) e nel corso della giornata ha avuto solo 66.000 visualizzazioni. Martedì una giovane australiana con 29 iscritti su Twitter lo ha segnalato a Oprah Winfrey e la conduttrice televisiva lo ha segnalato ai 9,6 milioni di persone che la seguono. In poche ore, nella stessa giornata di martedì, altre grandi celebrità statunitensi ne hanno parlato su Twitter dando il loro supporto convinto: tra queste Justin Bieber e Kim Kardashian e Rihanna (il rapper P. Diddy ne ha parlato mercoledì). Martedì sera Kony 2012 aveva 9,6 milioni di visualizzazioni, su Facebook i fan di Invisible Children sono cresciuti da 444 mila circa a più di 2,1 milioni.

Come avevamo già ricordato, il documentario e l’iniziativa hanno ricevuto grande attenzione dai mezzi di comunicazione, ma anche moltissime critiche che riguardano il messaggio trasmesso dal documentario, la scarsa trasparenza dell’organizzazione e dei suoi bilanci, le informazioni che vengono date su Kony e sulla situazione attuale dell’Uganda. Dopo che un piccolo numero di articoli ha segnalato Kony 2012 commentandolo in modo molto positivo, sono emerse decine e decine di articoli critici su praticamente tutti i siti dei periodici statunitensi, e l’associazione ha fornito sul suo sito alcune risposte.

Le critiche all’organizzazione: Invisible Children
Invisible Children Inc. è un’organizzazione senza fini di lucro fondata nel 2004 a San Diego, California, da tre ragazzi statunitensi: Ben Kessey, Laren Poole e Jason Russell (la voce narrante e il protagonista del documentario Kony 2012). Nel 2003, quando avevano meno di trent’anni, andarono nell’Africa centrale con l’idea di filmare un documentario sulla guerra in Darfur, ma nel corso del viaggio testimoniarono invece la situazione nel nord dell’Uganda, dove la Lord’s Resistance Army si rendeva responsabile di centinaia di rapimenti e di atti di violenza nella lotta contro il governo centrale ugandese del presidente Museveni.

Tornati negli Stati Uniti, i tre fondarono Invisible Children e si dedicarono a pubblicizzare la causa ugandese attraverso due strumenti principali: la diffusione di film e documentari (in totale undici negli otto anni di attività) e campagne di sensibilizzazione nelle scuole superiori degli Stati Uniti. Negli anni l’organizzazione è cresciuta fino a impiegare a tempo pieno 43 persone solo negli Stati Uniti, a cui si aggiungono decine di persone nella sezione dell’organizzazione che gestisce attività benefiche in Uganda. Il principale obiettivo dell’organizzazione è ottenere che Joseph Kony venga arrestato e processato dalla Corte Penale Internazionale, che ha diretto contro di lui il suo primo mandato di cattura internazionale, nel 2005.

Le critiche all’organizzazione, che risalgono a diversi mesi fa ma sono tornate di attualità dopo il successo di Kony 2012, riguardano principalmente la trasparenza nella gestione dei bilanci (IC non fa rivedere i bilanci da una società indipendente) e il modo in cui vengono spesi i soldi: come spiega The Atlantic IC spende circa 8 milioni di dollari l’anno: di questi, solo un terzo va in “servizi diretti”, mentre oltre un milione di dollari va in spese di viaggio, molto di più in spese di produzione dei film e circa 1,7 milioni in stipendi, compreso una retribuzione mensile a Russell intorno ai 5.000 dollari al mese. IC ha anche un conto bancario alle isole Cayman, un paradiso fiscale.

Invisible Children ha destinato una pagina del suo sito alle risposte alle critiche che gli sono state mosse, presentando anche un grafico con la ripartizione delle spese e pubblicando tutta la documentazione finanziaria dell’associazione.

Le critiche al messaggio di Kony 2012
Dopo pochi minuti di filmato, Kony 2012 mostra centinaia di bambini che si spostano dai loro villaggi per andare nella città di Gulu e passare lì la notte in condizioni disastrose, ma in un luogo protetto e al sicuro dai rapimenti dei miliziani del LRA. Quel filmato è stato girato dai tre fondatori di Invisible Children nel 2003, ma da allora la situazione nel paese è profondamente cambiata, per effetto di una serie di attacchi militari dell’esercito ugandese e dei mutati equilibri nella regione. Per prima cosa, Kony non si trova più in Uganda dal 2006, dato che si è spostato nei paesi confinanti e si nasconde nella fitta giungla che copre le zone al confine tra Sudan, Congo e Repubblica Centrafricana (come viene detto in breve modo e confuso al minuto 15 di Kony 2012). L’area in cui si muove è enorme, grande come la Francia. Il suo esercito si è ridotto a poche centinaia di persone e ha probabilmente sofferto la fame.

In Uganda proseguono da anni trattative di pace tra il governo ugandese e i ribelli comandati da Kony, con lunghe fasi di stallo ma anche con periodici accordi che vanno in direzione della tregua. I problemi dell’Uganda settentrionale, tra malattie, prostituzione infantile, disoccupazione e diffusione dell’AIDS, restano enormi, ma oggi hanno poco a che fare con Kony e molto con la corruzione e l’inefficienza del governo Museveni, alla gestione degli aiuti occidentali e alla situazione drammatica di tutta la regione.

Kony 2012 sembra sostenere acriticamente l’opzione militare, per raggiungere l’obiettivo di arrestare Kony e fermare le violenze. Per far questo si fornisce appoggio all’esercito ugandese, l’Uganda People’s Defence Force (UPDF), ma si dimentica che quelle sono le forze armate di un regime dittatoriale (quello del presidente Museveni, in carica dal 1986) e che a loro volta sono state responsabili di violenze, stupri e saccheggi. Si sorvola anche sul fatto che Kony ha un corpo di guardia personale costituito da tredicenni: prenderlo con la forza vuol dire anche, quasi certamente, ingaggiare un conflitto con un’armata di ragazzini.

È diventata celebre anche una foto che ritrae i tre fondatori di IC armati mentre posano con soldati della Sudan People’s Liberation Army (SPLA) vicino al confine tra Congo e Sudan, nell’aprile del 2008. La fotografa, Glenna Gordon, ha però spiegato che l’immagine deve essere contestualizzata: erano in corso lunghe trattative di pace tra il LRA e il governo ugandese, trattative che sembravano non portare da nessuna parte. Durante le lunghe attese, i tre decisero di farsi fare questa foto in posa da duri. Il SPLA è conosciuto per le violenze, gli stupri e le violazioni dei diritti umani nelle interminabili guerre dell’Africa centrale.

Il documentario parla di un grande successo ottenuto nell’ottobre 2011 dalle pressioni delle organizzazioni che si occupano della situazione ugandese: l’invio di cento consiglieri militari in Uganda, per aiutare l’esercito regolare dell’Uganda a trovare definitivamente Kony. Ma il documentario non dice che gli Stati Uniti hanno già provato diverse volte a mandare soldati nella zona e che negli ultimi anni si sono registrati diversi fallimenti, anche perché l’esercito ugandese, scarsamente motivato e male equipaggiato, spesso non ha seguito i consigli degli assistenti militari americani. In almeno un caso, ai primi del 2009, il fallimento di un’offensiva ha portato a violente rappresaglie sulla popolazione civile da parte del LRA. In passato l’invio di consiglieri militari è rimasto poco conosciuto dai media americani, e la pubblicità data all’ultimo tentativo sembra essere solo una mossa di pubbliche relazioni da parte dell’amministrazione Obama. Nel documentario si dice anche che è necessario fare pressione sul governo statunitense perché non ritiri i consiglieri, ma non si conosce una data né un’intenzione del governo di ritirarli a breve.

Il documentario contro Joseph Kony