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  • Venerdì 10 febbraio 2012

Gli scienziati iraniani uccisi e Israele

Un'inchiesta della NBC conferma i sospetti del coinvolgimento israeliano nell'uccisione di diversi scienziati nucleari, con l'aiuto di un'organizzazione terroristica iraniana dalla lunga storia

A partire dal 2007, in Iran sono stati uccisi almeno cinque scienziati coinvolti nel programma nucleare iraniano. Altri responsabili del programma, civili e militari, sono rimasti feriti in attentati o sono scomparsi mentre si trovavano fuori dal paese. L’ultimo episodio è dell’11 gennaio 2012, quando il professore universitario Mostafa Ahmadi Roshan è stato ucciso a Teheran da una bomba piazzata sulla sua auto in una trafficata strada della capitale iraniana. Un’inchiesta pubblicata da NBC News porta diverse testimonianze a sostegno della tesi che le numerose uccisioni di scienziati e militari iraniani coinvolti nel programma nucleare del paese siano state effettuate da un gruppo terroristico locale, il MEK, con la collaborazione dei servizi segreti israeliani.

Una simile ricostruzione era stata fatta poco dopo l’attentato anche dall’agenzia di stampa semiufficiale del regime iraniano, Fars News, che attribuiva le responsabilità al Mossad, il servizio segreto israeliano, e al gruppo terroristico locale. Nei giorni scorsi è stata chiamata in causa anche la CIA, il servizio segreto estero statunitense. La materia è scivolosa, come sempre quando sono coinvolti i servizi segreti, le ricostruzioni faziose e la propaganda: ma con queste premesse, vale la pena di essere raccontata. NBC News dichiara di aver ottenuto conferme da funzionari statunitensi.

Che cos’è il MEK
Il gruppo coinvolto negli attentati sarebbe il MEK (sigla di Mojahedin-e Khalq), conosciuto anche con le sigle MKO e PMOI. Il nome ufficiale vuol dire “Mojahedin del popolo iraniano”, il gruppo è nato a metà degli anni Sessanta in opposizione allo scià Reza Pahlavi, che aveva instaurato un regime autoritario dopo il colpo di stato del 1953 contro il primo ministro eletto Mohammad Mosaddegh, con l’aiuto dei servizi segreti britannici e statunitensi. L’ideologia del MEK si basava sulla religione islamica, sull’antiamericanismo e sui movimenti rivoluzionari militanti dell’epoca, spesso influenzati dal marxismo. A partire dalla sua fondazione, il MEK organizzò diversi atti di terrorismo contro il regime dello scià, che venne poi rovesciato con la Rivoluzione del febbraio 1979.

La prima cosa da sapere, insomma, è che il MEK non nasce sicuramente come un movimento filo-occidentale. Negli anni Settanta è stato accusato di aver ucciso alcuni cittadini statunitensi in Iran e di aver partecipato all’attacco all’ambasciata statunitense di Teheran del novembre 1979. Poco dopo la Rivoluzione islamica, nel 1980, il MEK ruppe con il governo fondamentalista dell’ayatollah Khomeini, di cui era stato alleato, e iniziò a usare la lotta armata e le sue strutture per la lotta contro il nuovo governo islamico.

Il MEK si avvicinò quindi al dittatore iracheno Saddam Hussein, trasferendo la sua sede in Iraq. Come scrive l’inchiesta, “Saddam reclutò il MEK in modo molto simile a quello che avrebbero usato gli israeliani, usandoli per combattere le forze iraniane nella guerra tra Iran e Iraq, un ruolo che i guerriglieri portarono avanti orgogliosamente”. Lo strumento per gli attacchi in territorio iraniano, partendo da basi in Iraq, fu l’Esercito di Liberazione Nazionale (MLA), il braccio militare del MEK. Secondo il dipartimento di Stato americano, il corpo militare operò soprattutto nelle fasi finali della guerra Iran-Iraq del 1980-1988, e una delle loro ultime operazioni importanti fu quella contro i ribelli curdi iracheni nel 1991, quando dettero supporto alle forze di Saddam nella loro brutale repressione. Il MEK avrebbe ricevuto proprio da Saddam Hussein gran parte dei suoi finanziamenti e del suo sostegno, fino all’invasione statunitense del 2003.

La NBC aggiunge, citando fonti tra i funzionari statunitensi, che il MEK ha collaborato nell’organizzazione di atti terroristici in Iran insieme a Ramzi Yousef, l’organizzatore del primo attentato contro il World Trade Center di New York (febbraio 1993) in cui morirono 6 persone e oltre mille rimasero ferite. A partire dal 1997, sulla base della lunga storia del MEK e del suo radicato antiamericanismo, il dipartimento di Stato degli Stati Uniti lo ha inserito nella lista dei gruppi terroristici.

Il MEK è guidato da decenni da Massud e Maryam Rajavi, marito e moglie, che mantengono uno stretto controllo sull’organizzazione. Massud, 63 anni, ne ha guidato a lungo anche il braccio militare, e secondo un articolo di Time del 1997 aveva costruito intorno a sè un “culto della personalità”, reprimendo il dissenso e impedendo il dialogo interno. Negli ultimi anni ha lasciato che fosse la moglie a rappresentare l’organizzazione: lei ha detto di aver abbandonato la violenza e ha convinto il Regno Unito e l’Unione Europea a farsi togliere dalla lista delle organizzazioni terroristiche (simili tentativi sono stati portati avanti, senza successo, anche negli Stati Uniti). Maryam Rajavi è oggi presidente del Consiglio Nazionale di Resistenza dell’Iran, un’organizzazione con sede a Parigi che si dichiara laica e democratica, ma che secondo alcuni è solo un paravento per il MEK.

Oggi circa 3.400 membri del MEK e loro familiari vivono a Camp Ashraf, in Iraq, una cinquantina di chilometri a nord di Baghdad. Un tempo Camp Ashraf era una delle loro principali basi militari, dove possedevano armi pesanti e veicoli corazzati. Dopo la fine di Saddam e la partenza degli Stati Uniti, i membri del MEK si trovano soli in un territorio ostile, ma al momento sono tutelati da un accordo con le Nazioni Unite che permette loro, non si sa come né quando, di trasferirsi nel prossimo futuro in un “paese democratico”.

Il ruolo di Israele
Gli attacchi contro gli scienziati iraniani proseguono almeno dal 2007, e hanno ucciso diversi scienziati e alcuni militari, oltre ad aver distrutto una base missilistica in Iran. NBC scrive che, secondo gli esperti, gli attacchi dimostrano un alto grado di organizzazione e di competenze tecniche, che sembrano supportare la tesi del coinvolgimento di un servizio segreto straniero. Nell’ultimo, ad esempio, Mostafa Ahamdi Roshan è stato ucciso con una bomba applicata sulla fiancata della sua macchina in mezzo al traffico di Teheran, da uomini in motocicletta: la bomba conteneva una carica disposta appositamente per dirigere tutta la forza dell’esplosione verso l’interno e non causare altre vittime oltre a lui.

La fonte principale che ha sostenuto alla NBC il collegamento tra il MEK, gli attentati e Israele è Mohammad Javad Larijani, uno stretto collaboratore dell’attuale guida suprema, politica e spirituale, dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei. Secondo Larijani, molto di quello che il governo iraniano sa degli attacchi viene dall’interrogatorio di una persona arrestata alla fine del 2010 mentre stava progettando un attentato. Parte della sua confessione, in cui chiama in causa il Mossad (il servizio segreto israeliano), è stata trasmessa anche dalla TV di stato, e oltre a questa il governo iraniano avrebbe prove documentarie molto solide del coinvolgimento di Israele.

Sembra lecito dubitare di una confessione fornita davanti alle telecamere, tanto più se viene da un paese con un solido apparato di propaganda e se accusa uno stato estero, come Israele, che Ahmadinejad dichiarò poco tempo dopo l’insediamento di voler cancellare dalla carta geografica. Ma la NBC dice di aver ricevuto conferma del ruolo del MEK da parte di “due importanti funzionari statunitensi”, che rimangono anonimi. Tutti i funzionari statunitensi hanno negato qualsiasi coinvolgimento degli Stati Uniti negli attentati, mentre il ministero degli Esteri israeliano ha rifiutato di commentare.

La collaborazione dei servizi segreti di Israele è ritenuta molto plausibile da Ronen Bergman, intervistato dalla NBC. Bergman è un israeliano esperto in questioni iraniane, che collabora con molti grandi quotidiani americani ed è autore di un libro che si intitola La guerra segreta di Israele con l’Iran. D’altra parte, Israele ha già dichiarato in passato che non tollererà in alcun modo che l’Iran si armi con la bomba atomica, e si sospetta un suo coinvolgimento nella diffusione del virus informatico Stuxnet, che sabotò gli impianti nucleari iraniani nel 2010.

Secondo molti, tra cui ci sarebbe anche il ministro della difesa statunitense Leon Panetta, un attacco militare di Israele all’Iran è ormai questione di mesi. In una circostanza simile, nel giugno del 1981, quando l’Iraq stava finendo di costruire il suo primo reattore nucleare con il sostegno della Francia, l’aviazione israeliana lo distrusse con un attacco aereo mirato, l’Operazione Opera. Ma nel caso dell’Iran l’attacco dovrebbe essere ben più consistente, dato che il suo programma nucleare prosegue con alterne vicende da decenni (iniziò negli anni Cinquanta con l’aiuto occidentale) e che nel paese si trovano diversi impianti coinvolti, con la prima centrale, quella di Bushehr, che cominciò a operare nel 2007.

foto: AP Photo/Fars News Agency, Meghdad Madadi