Proibire le fotocamere digitali

Non sarebbe una buona idea, neanche per salvare la Kodak, spiega Giovanni De Mauro: e allora perché mettere divieti a Internet per salvare altre aziende?

5th October 1930: Scottish photographer and innovator Alex Stewart (1892-1953), who worked under the professional name of Sasha, trying out a Sashalite - an early type of flash bulb of his own invention. His model is a young woman sitting beside a firepl
5th October 1930: Scottish photographer and innovator Alex Stewart (1892-1953), who worked under the professional name of Sasha, trying out a Sashalite - an early type of flash bulb of his own invention. His model is a young woman sitting beside a firepl

Nell’editoriale di apertura di Internazionale di questa settimana, il direttore Giovanni De Mauro riflette sugli approcci di una parte del mondo nei confronti del cambiamento: cercare di limitarlo perchè genera cambiamento, appunto.

Fino all’inizio del novecento c’erano le carrozze con i cavalli. Poi sono arrivate le automobili e le carrozze sono scomparse. Oggi le macchine inquinano e il traffico cittadino è un problema, ma nessuno si sognerebbe di tornare alle carrozze con i cavalli.
Per tutto il novecento la Kodak è stata sinonimo di macchine fotografiche e pellicole. Poi sono arrivati gli apparecchi digitali e gli smartphone. La Kodak non ha saputo adattarsi, anche se aveva una storia e un marchio che le avrebbero consentito di farlo. E la scorsa settimana ha chiuso. Oggi nessuno accetterebbe una legge che proibisse le macchine fotografiche digitali per salvare la Kodak e l’industria degli apparecchi analogici. Prima c’erano i giornali nelle edicole, i film nelle sale cinematografiche, gli album nei negozi di dischi, i libri in libreria.

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