Che cos’è il “SOPA italiano”

Un deputato leghista ha proposto una norma che introdurrebbe molte delle restrizioni alla libertà di Internet proposte (e affondate) negli Stati Uniti

Bruno Saetta su Valigia Blu ha spiegato bene in cosa consiste l’emendamento alla legge comunitaria presentato da Gianni Fava, deputato della Lega Nord. L’emendamento, se approvato, introdurrebbe l’obbligo per i provider di rimuovere ogni presunto contenuto illecito solo sulla base dell’accusa che quel contenuto sia illecito, senza che il giudizio sia affidato a un organismo terzo che decida sentite entrambe le parti. L’emendamento sarà discusso e votato domani alla Camera.

“Imagine a world without free knowledge…”. Così titolava il 18 gennaio la pagina inglese di Wikipedia durante la serrata virtuale contro le proposte di legge gemelle SOPA e PIPA che, se approvate, limiterebbero fortemente i diritti civili di molti per la tutela dei diritti economici di poche multinazionali.
Ebbene, pare che qualcuno non resistita all’idea di provare l’ebbrezza di una rete “without free knowledge”. Stiamo parlando dell’Onorevole Fava della Lega Nord che ha presentato un emendamento al disegno di legge recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2011”, emendamento che ha già ottenuto il via libera da parte della Commissione Politiche Comunitarie.

Andiamo per ordine, l’attuale normativa (decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70 in attuazione della direttiva 2000/31/CE) che regola la responsabilità degli intermediari della comunicazione, cioè le aziende che forniscono servizi online, dall’accesso alla rete agli spazi web, stabilisce che questi ultimi non sono responsabili per i contenuti illeciti immessi dagli utenti sui loro server, se non ne hanno consapevolezza e se una volta venuti a conoscenza della presenza di tali contenuti illeciti da parte delle “autorità competenti” (da intendersi la magistratura), li rimuovono prontamente.
L’emendamento Fava aggiunge (rif. Pag 170) a tale precetto l’obbligo di rimuovere i contenuti medesimi anche a seguito di comunicazione da parte “di qualunque soggetto interessato”.

E non basta, ulteriori modifiche all’articolo 16 del decreto summenzionato introducono l’obbligo, da parte del fornitore di servizi online, di adempiere ad un generico “dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da esso”, al fine di individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite. In particolare si prevede espressamente l’adozione di filtri diretti ad impedire l’accesso alle informazioni o ai contenuti illeciti eventualmente presenti sui server del provider, o a contenuti diretti anche solo “ad agevolare la messa in commercio di prodotti o di servizi” i quali, sulla base della norma, si dovrebbero presumere illeciti perché abbinati a parole chiave (keyword) che negli usi normali del commercio indicano abitualmente prodotti non originali.

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