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  • Martedì 17 gennaio 2012

La giustizia italiana in 10 punti

I passaggi fondamentali della relazione del ministro Paola Severino oggi alla Camera

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
17-01-2011 Roma
Politica
Camera - Comunicazioni del ministro della Giustizia, Paola Severino, sull'amministrazione della giustizia
Nella foto: Paola Severino
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
17-01-2011 Roma
Politics
Chamber of Deputies - yearly relation of the minister of justice beside the Chamber of Deputies on the administration of justice in Italy
In the picture: Paola Severino
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 17-01-2011 Roma Politica Camera - Comunicazioni del ministro della Giustizia, Paola Severino, sull'amministrazione della giustizia Nella foto: Paola Severino Photo Mauro Scrobogna /LaPresse 17-01-2011 Roma Politics Chamber of Deputies - yearly relation of the minister of justice beside the Chamber of Deputies on the administration of justice in Italy In the picture: Paola Severino

Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha rivolto oggi alla Camera la relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2011. La lettura del testo integrale è molto interessante per chi vuole farsi un’idea di quale sia lo stato della giustizia italiana e anche di quali siano gli interventi prioritari per il ministro Severino (ci sono dei temi che mancano completamente, e che invece non mancavano nelle relazioni del precedente governo). Le dieci cose più significative dette dal ministro Severino sono queste.

Le quattro emergenze
1. L’attuale stato delle carceri e le problematiche condizioni dei 66.897 detenuti che, salvo poche virtuose eccezioni, soffrono modalità di custodia francamente inaccettabili per un Paese come l’Italia. 2. il deficit di efficienza degli uffici giudiziari rispetto ad una domanda di giustizia che, in termini quantitativi, appare nettamente sovradimensionata nel confronto con le altre democrazie occidentali. Anche su questo ci si dovrebbe forse interrogare maggiormente: questo elevato tasso di litigiosità da cosa deriva? Da una propensione socio-culturale italiana alla conflittualità? Da una scarsa fiducia nella possibilità di affrontare a monte la controversia e di trovare soluzioni ragionevoli nel dialogo tra cittadini? Da una eccessiva complessità del tessuto normativo, tale da generare essa stessa un proliferare di contrasti interpretativi, la cui soluzione va devoluta al giudice? 3. La problematica individuazione degli strumenti attraverso i quali, soprattutto nel settore civile, sia possibile procedere alla rapida eliminazione dell’arretrato accumulatosi negli ultimi trent’anni. 4. L’indifferibile razionalizzazione organizzativa e tecnologica dell’intera struttura amministrativa dei servizi giudiziari, in modo da utilizzare al meglio le risorse umane e finanziarie disponibili, realizzando risparmi di spesa che siano il frutto di interventi strutturali e non di semplici tagli alle dotazioni di bilancio.

I numeri
Il quadro generale è, infatti, rappresentativo di una situazione che desta forti preoccupazioni sia in ordine all’enorme mole dell’arretrato da smaltire che, al 30 giugno del 2011, è pari a quasi 9 milioni di processi (5,5 milioni per il civile e 3,4 milioni per il penale), sia con riferimento ai tempi medi di definizione che nel civile sono pari a 7 anni e tre mesi (2.645 giorni) e nel penale a 4 anni e nove mesi (1.753 giorni). L’entità degli indennizzi liquidati è ormai stratosferica e sempre crescente: si è passati dai 5 milioni di euro del 2003, ai 40 del 2008 per giungere ai circa 84 del 2011. Il dato di maggiore rilievo mi pare, però, quello fornito nel 2011 dalla Banca d’Italia, secondo cui l’inefficienza della giustizia civile italiana può essere misurata in termini economici come pari all’1% del PIL.

I detenuti in attesa di giudizio
Oltre 28.000 detenuti in attesa di giudizio rappresentano il 42% dell’intera popolazione carceraria (altra anomalia tutta italiana). E se è vero che la libertà personale può e deve essere limitata per tutelare la collettività è parimenti incontestabile che una dilatazione eccessiva della durata del processo a carico di imputati o indagati detenuti pregiudica questo delicato equilibrio tra valori di rango costituzionale ed aumenta, talvolta in modo intollerabile, la sofferenza di chi, ad onta della presunzione di innocenza, è costretto ad attendere, da recluso, una sentenza che ne accerti le responsabilità. Con la possibilità, non del tutto remota, che alla carcerazione preventiva segua una sentenza assolutoria. Quel che è certo è che un uso, per così dire, meglio calibrato della custodia cautelare in carcere sarebbe sotto più aspetti benefico per l’amministrazione giudiziaria e per il sistema carcerario, senza alcuna controindicazione per la collettività, se è vero che le esigenze di sicurezza possono essere alternativamente garantite da un ventaglio davvero ricco di opzioni di cui oggi il giudice dispone e che, se possibile, proveremo a migliorare ed incrementare.

Le carceri
Siamo di fronte ad una emergenza che rischia di travolgere il senso stesso della nostra civiltà giuridica, poiché il detenuto è privato delle libertà soltanto per scontare la sua pena e non può essergli negata la sua dignità di persona umana. Le innegabili difficoltà non possono costituire un alibi né per il Ministro della Giustizia né per tutte le altre istituzioni interessate. Qualunque giustificazione è infatti destinata a crollare miseramente non appena si varca la soglia di una delle strutture a rischio e si verifica personalmente la realtà.

Tre giorni in carcere
Nel 2010, 21.093 persone sono state trattenute in carcere per un massimo di 3 giorni. Una permanenza così breve in carcere, oltre a rivelarsi inutilmente afflittiva, molto costosa ed impegnativa per l’amministrazione, non è giustificata né da esigenze processuali né da istanze di difesa sociale, giacché si tratta di persone delle quali, all’esito della convalida dell’arresto e del giudizio direttissimo, il giudice molto spesso dispone la scarcerazione.

Risarcimenti
La durata del processo penale incide, infatti, anche sul numero dei procedimenti, in media 2.369 ogni anno, per ingiusta detenzione ed errore giudiziario e in ogni caso aggrava la misura dei pur doverosi risarcimenti a tale titolo erogati. […] Nel solo 2011 lo Stato ha subito un esborso pari ad oltre 46 milioni di euro per risarcimenti legati a ingiusta detenzione ed errore giudiziario.

Informatizzazione
Nel settore civile nel corso del 2011 i sistemi elettronici di gestione dei registri sono stati installati nel 100% degli uffici giudiziari di 1° e 2° grado (mai in precedenza si è raggiunta una diffusione del 100% di un software nazionale). È stato dato un forte impulso al miglioramento e alla diffusione degli strumenti per il giudice civile, con particolare riferimento alla “consolle del magistrato”, un’applicazione anch’essa in tecnologia web che permette al singolo magistrato di organizzare il proprio ruolo, di visualizzare gli atti del fascicolo informatico, di redigere i provvedimenti e di depositarli telematicamente in cancelleria. Al momento sono oltre 600 i magistrati che ne fanno uso.

Recupero del credito
“Nella categoria «enforcing contracts» del rapporto Doing Business del 2010 l’Italia si classifica al 157o posto su 183 Paesi censiti, con una durata stimata per il recupero del credito commerciale pari a 1.210 giorni, mentre in Germania ne bastano 394, si coglie la misura di quanto ciò incida negativamente sulle nostre imprese, segnando, anche sotto tale aspetto, una divaricazione di efficienza con i migliori sistemi dei Paesi dell’Unione europea, che frena, ineluttabilmente, le possibilità di sviluppo ed anche gli investimenti stranieri”.

Organici
Al momento risultano presenti in organico 8.834 magistrati togati, con una scopertura di 1.317 posti. Per rimediare a questa situazione, l’impegno del Ministero è già stato particolarmente rilevante, tanto che risultano completate le procedure per la nomina di 325 magistrati ordinari (vincitori del concorso a 350 posti bandito nel 2009); è in corso la correzione delle prove scritte di un ulteriore concorso a 360 posti, bandito nel 2010 (che avrà termine tra poche settimane); altri 370 posti sono stati banditi nel settembre del 2011 e le prove scritte sono previste nel mese di maggio del 2012. Come appare evidente si tratta di bandi che risalgono al precedente esecutivo e di cui non voglio quindi ascrivermi alcun merito. Va però oggettivamente e da parte di tutti dato atto che la programmazione cadenzata di una serie di concorsi restituisca ai migliori laureati in giurisprudenza una possibilità di ingresso nella magistratura ordinaria con cadenze ravvicinate e regolari. Va, infine, ricordato che, con l’immissione in servizio dei 325 magistrati già vincitori del concorso bandito nel 2009, le presenze in organico raggiungeranno quota 9.169, dato superato negli ultimi 12 anni soltanto nel 2005. Tutto questo, malgrado negli ultimi tre anni si sia registrato un esponenziale aumento del numero dei pensionamenti (talvolta doppio rispetto alla media degli anni precedenti).

Cambiare regime
Per quanto possa apparire paradossale, proprio oggi, in presenza di una drammatica congiuntura economica internazionale, si presenta l’occasione, forse irripetibile, di riformare davvero il sistema giudiziario italiano. Nessuno di noi, infatti, può più permettersi di considerare ineluttabile il deficit di efficienza del sistema giudiziario italiano in un momento come quello attuale ove ogni settore della vita pubblica e privata è tenuto a garantire il proprio contributo operativo al miglioramento delle condizioni economiche del Paese. Si può far questo accettando supinamente e passivamente i sacrifici imposti dalle attuali necessità economiche oppure – come io credo sia più utile – lo si può fare, ciascuno nel proprio ambito, trasformando le criticità in opportunità di sviluppo e di miglioramento dei servizi offerti al cittadino.

foto: Mauro Scrobogna /LaPresse