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  • Martedì 20 dicembre 2011

La crisi politica in Iraq

Mentre gli americani lasciano, per il vice presidente Tariq al-Hashimi è stato emesso un mandato d'arresto per atti terroristici, ultimo atto di uno scontro acerrimo tra sunniti e sciiti

Iraqi Vice President Tareq al-Hashemi attends a conference in support of victims in bombings that targeted Iraqi ministries in recent months in Baghdad on March 31, 2010. Former Iraqi premier Iyad Allawi is set to form a coalition government after his secular bloc, which features Hashemi, won the most seats in Iraq’s March 7 general election. AFP PHOTO/ALI AL-SAADI (Photo credit should read ALI AL-SAADI/AFP/Getty Images)

Iraqi Vice President Tareq al-Hashemi attends a conference in support of victims in bombings that targeted Iraqi ministries in recent months in Baghdad on March 31, 2010. Former Iraqi premier Iyad Allawi is set to form a coalition government after his secular bloc, which features Hashemi, won the most seats in Iraq’s March 7 general election. AFP PHOTO/ALI AL-SAADI (Photo credit should read ALI AL-SAADI/AFP/Getty Images)

La crisi politica in Iraq si sta aggravando, dopo il ritiro delle truppe americane dal Paese, a causa di un mandato d’arresto emesso contro il vice presidente, leader dei sunniti, Tariq al-Hashimi per il suo presunto ruolo nell’organizzazione e nel finanziamento di attentati contro alcuni funzionari sciiti di governo a partire dal 2009. I cinque membri della Corte di giustizia irachena, che viene accusata dagli sciiti di essere sotto l’influenza diretta del primo ministro Nouri al-Maliki, nei giorni scorsi avevano già vietato ad al-Hashimi di abbandonare il Paese.

L’annuncio dell’arresto è arrivato dopo che la televisione di stato irachena ha trasmesso dei filmati in cui tre uomini, identificati come guardie del corpo di Tariq al-Hashimi (nella foto, ALI AL-SAADI/AFP/Getty Images), ammettevano di aver progettato e commesso una serie di attentati posizionando delle bombe nei luoghi dai quali sarebbero passati i convogli che trasportavano funzionari sciiti, e di come per questo avrebbero ricevuto dei finanziamenti dallo stesso vice presidente: uno degli uomini ha dichiarato che al-Hashimi gli aveva personalmente consegnato una busta con 3.000 dollari dopo uno degli attacchi.

Il portavoce di al-Hashimi ha replicato dicendo che i tre uomini nel video avevano effettivamente lavorato per il vice presidente, ma ha negato tutte le accuse sostenendo che si tratta di un’azione del governo contro i leader politici sunniti: almeno 13 guardie del corpo di al-Hashimi sono state arrestate nelle ultime settimane. A sostegno di questa tesi il New York Times cita Reidar Visser, analista della politica irachena e curatore del blog historiae.org, che ha definito l’attuale situazione come la «peggiore crisi politica irachena» degli ultimi cinque anni: «Ogni leader politico sunnita sembra essere diventato un obiettivo della campagna di Maliki» ha detto Visser e «sembra che ogni sunnita corra il pericolo di essere etichettato come un terrorista».

Il mandato d’arresto per Tariq al-Hashimi arriva dopo che i membri della coalizione al-Iraqiya, il Movimento Nazionale Iracheno che al governo è il secondo gruppo dopo Alleanza Nazionale Irachena formata da gruppi sciiti, avevano lasciato sabato scorso il Parlamento accusando il primo ministro Maliki di contrastare le procedure democratiche attraverso l’ondata di arresti politicamente mirati delle ultime settimane. L’azione è stata l’ultimo atto degli scontri che proseguono da mesi e che hanno segnato una rottura ormai insanabile tra i due maggiori schieramenti politici del Paese. «La decisione di allontanarsi dal Parlamento è stata presa a causa del deterioramento del processo politico e per evitare che il Paese ricada in un disastro se la dittatura di Maliki continua» ha detto il vice primo ministro Saleh Moutlak che ha paragonato Nouri Al-Maliki al dittatore Saddam Hussein.

Nel frattempo, il leader curdo Massoud Barzani ha invitato i leader politici del Paese ad incontrarsi in una riunione di emergenza per evitare un «collasso» del governo di unità nazionale avvertendo che «la situazione si sta dirigendo verso una crisi profonda».