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  • Mercoledì 14 dicembre 2011

Le rivolte nella campagna cinese

Ventimila persone protestano contro l'esproprio della terra e sono state bloccate nel loro villaggio dalla polizia

Armed Chinese police in riot gear man a roadblock on a route to the village of Wukan in Guangdong province in southern China on December 14, 2011. Residents of the village surrounded by police after protests over the death in custody of a community leader vowed December 14 to continue their fight for land rights. AFP PHOTO/Peter PARKS (Photo credit should read PETER PARKS/AFP/Getty Images)

Armed Chinese police in riot gear man a roadblock on a route to the village of Wukan in Guangdong province in southern China on December 14, 2011. Residents of the village surrounded by police after protests over the death in custody of a community leader vowed December 14 to continue their fight for land rights. AFP PHOTO/Peter PARKS (Photo credit should read PETER PARKS/AFP/Getty Images)

A Wukan, nella regione del Guangdong sulla costa meridionale della Cina, venti mila persone stanno protestando da mesi contro l’esproprio forzato della terra che di fatto, in Cina, viene amministrata dai governi locali, acquisita in cambio di indennizzi molto bassi e venduta ai costruttori per lo sviluppo di nuovi progetti. Secondo i residenti di Wukan la loro terra è stata comprata a poco prezzo e poi rivenduta a un miliardo di yuan, 120 milioni di euro.

Le prime rivolte nel villaggio di Wukan, all’interno della città di Lufeng, erano iniziate a settembre: negli scontri con la polizia locale erano state ferite più di dodici persone e altre cinque, la settimana scorsa, erano state arrestate con l’accusa di aver guidato la protesta. Il 12 dicembre era stata data la notizia che uno di loro, Xue Jinbo, era morto in carcere per «un’insufficienza cardiaca» come riportato dai comunicati diffusi dalle autorità cinesi. Gli abitanti di Wukan non hanno creduto alla versione ufficiale e dopo il rifiuto delle autorità di restituire alla famiglia il corpo dell’uomo, le proteste si sono intensificate. Nel villaggio è stata formata una commissione di dodici cittadini per negoziare con il governo che però è stata dichiarata illegale.

Non è semplice ottenere informazioni sulla protesta. Il villaggio, come racconta Malcolm Moore, inviato del Telegraph è ora circondato dalla polizia, è molto difficile sia entrare che uscire, l’acqua corrente e l’elettricità sono state tagliate, ma dovrebbe esserci cibo a sufficienza per una decina di giorni ancora. In città avrebbero poi iniziato a comparire dei manifesti in cui viene chiesto e offerto del denaro a quei manifestanti che vogliano iniziare a collaborare con le autorità e a fare i nomi dei leader della protesta.

Non è certo la prima volta che si verifica un conflitto nella campagna cinese contro gli espropri forzati delle terre: la BBC riporta un breve elenco delle rivolte di cui è giunta notizia. Ma la protesta di Wukan sembra avere una dimensione e un significato maggiori rispetto le altre. Malcolm Moore, del Telegraph, dice che «per la prima volta in assoluto, il partito comunista cinese ha perso ogni controllo» e che i funzionari di Wukan sono fuggiti dopo l’inizio delle proteste. Spiega anche come il popolo di Wukan conti sull’appoggio del governo centrale per punire i funzionari locali corrotti considerati responsabili della loro condizione.

Resta ora da capire cosa deciderà di fare il partito. Da una parte Pechino potrebbe scegliere di supportare gli abitanti di Wukan e intervenire contro il governo della città per risolvere le proteste, ma questo rischierebbe di creare una spaccatura tra gli apparati del governo locale e quello centrale. Oppure potrebbe decidere di difendere l’unità del partito e reprimere la ribellione, con conseguenze però sul piano internazionale.