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  • Mercoledì 7 dicembre 2011

La lettera di Bojan a Repubblica

Non capita tutti i giorni che un calciatore scriva una lettera a un quotidiano: "Chiedo la possibilità di sbagliare"

FLORENCE, ITALY – DECEMBER 04: Krkic Bojan of AS Roma walks off after getting a red card during the Serie A match between ACF Fiorentina and AS Roma at Stadio Artemio Franchi on December 4, 2011 in Florence, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

FLORENCE, ITALY – DECEMBER 04: Krkic Bojan of AS Roma walks off after getting a red card during the Serie A match between ACF Fiorentina and AS Roma at Stadio Artemio Franchi on December 4, 2011 in Florence, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Bojan Krkic è un attaccante spagnolo della Roma, acquistato quest’estate dal Barcellona. Bojan ha 21 anni e domenica scorsa è stato espulso, durante la partita contro la Fiorentina, per avere goffamente toccato il pallone con le mani, facendo una vera parata da portiere. Lunedì su Repubblica Gabriele Romagnoli aveva giudicato il gesto “la prova della confusione che regna nella mente dei giocatori della Roma”, frase sintetizzata nel titolo con l’espressione “bimbo confuso”. Oggi Repubblica ospita una lettera dello stesso Bojan Krkic.

Caro Direttore, io ho sbagliato. Ho sbagliato a prendere quella palla con la mano, sulla linea di porta a Firenze: ma ero in una zona di campo dove non sono molto abituato a stare e sono stato tradito dall’istinto, non volevo subire il terzo gol. Ho sbagliato a buttare la maglia. Ho sbagliato per la “bojata” e ho chiesto scusa. Ai compagni e al tecnico perché quell’espulsione ha messo in difficoltà la squadra, ai tifosi perché quel gesto potevo risparmiarmelo. Ma è stato solo per la rabbia, non c’era niente altro: dovevo sfogarmi perché mi ero reso conto della cazzata che avevo fatto e perché sentivo di non riuscire a dare alla Roma il massimo. La maglia era la prima cosa che mi sono ritrovato per le mani.

Però chiedo anche la possibilità di sbagliare senza per questo essere trattato da “bimbo confuso”. Ho 21 anni e il fatto di essere un calciatore, di guadagnare bene e di essere famoso, purtroppo o per fortuna, non mi ha fatto diventare improvvisamente adulto e responsabile. Sono un ragazzo fortunato, ma come i miei coetanei voglio avere il tempo di crescere. Rivendico le attenuanti concesse a tutti i ventenni anche se gioco a calcio. Questo sport mi dà tanto: soldi, gloria, per i tifosi sono un idolo, ma non regala saggezza o maturità. Sono sempre un ragazzo di ventuno anni, con tutti i miei pregi e i miei difetti. Non abbiate fretta, datemi il tempo di crescere. A me come a tutti gli altri giovani che giocano in A. Ci sarà tempo per massacrarci.

(continua a leggere sul sito di Repubblica)

foto: Marco Luzzani/Getty Images