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  • Giovedì 18 agosto 2011

Il problema con certi “scambi culturali” negli Stati Uniti

Un gruppo di studenti stranieri ha accusato di sfruttamento l'azienda che li ha impiegati per uno stage estivo

Due giorni fa a Palmyra, un piccolo comune della Pennsylvania, negli Stati Uniti, centinaia di studenti stranieri hanno abbandonato le loro postazioni nell’impianto di imballaggio in cui sono impiegati per l’estate e sono andati in strada a protestare. Lo raccontava ieri il New York Times. Il loro “sciopero”, hanno spiegato, si deve al fatto che il programma estivo a cui avevano aderito, che doveva essere in teoria uno scambio culturale, si è rivelato soltanto un periodo di lavoro sottopagato.

Gli studenti, provenienti da diverse nazioni tra cui Cina, Nigeria, Romania e Ucraina, sono arrivati negli Stati Uniti attraverso un programma promosso dal Dipartimento di Stato. Con questo programma, il Dipartimento concede loro un visto particolare, il visto J-1, che permette loro di lavorare per due mesi e muoversi nel paese. Hanno detto che si aspettavano di esercitare il loro inglese, guadagnare un po’ e  imparare com’è la vita in America. E in un certo senso l’hanno imparato. Circa 400 studenti stranieri sono stati messi a sollevare scatole molto pesanti e a imballare caramelle, Kit-Kat e mandorle caramellate in una catena di montaggio all’interno di un impianto in cui vengono confezionati alcuni prodotti alimentari del marchio Hershey; a molti è stato imposto il turno notturno.

I ragazzi spiegano che avendo investito tra i 3.500 e i 6000 dollari per partecipare al programma, per le condizioni in cui devono lavorare, trovano inaccettabile essere pagati circa 8 dollari all’ora (meno di 200 dollari la settimana). Alle loro buste paga, poi, vengono sottratte alcune tasse legate al programma e un totale di 400 dollari al mese per l’affitto delle stanze in cui sono stati alloggiati. Molti di loro si sono accorti di non guadagnare abbastanza nemmeno per rientrare delle spese che avevano avuto nel loro paese d’origine per ottenere il visto. L’esperienza si è quindi rivelata molto diversa da quella che si aspettavano: “Non c’è assolutamente scambio culturale, proprio per niente” ha detto Zhao Huijao, ventenne cinese. “È soltanto lavoro, lavoro, lavoro”.

Ogni estate migliaia di studenti stranieri arrivano negli Stati Uniti con il visto J-1. Da qualche anno il programma ha ricevuto critiche riguardo le paghe molto basse e le condizioni lavorative inaspettatamente dure. È la prima volta, però, che i ragazzi coinvolti organizzano un vero e proprio sciopero.

Gli studenti accusano l’organizzazione che si occupa degli studenti che arrivano con il visto J-1 – il Council for Educational Travel – di aver gestito male il loro soggiorno. Rick Anaya, amministratore delegato del Council, ha detto che sta cercando di rispondere ai ragazzi dell’impianto di Palmyra ma ha aggiunto:

“Non stanno cooperando per niente. Noi stiamo provando a lavorare con loro, e stiamo cercando di comunicare con loro, ma non otteniamo niente. Tutta questa negatività sta mettendo in cattiva luce un programma che invece è eccellente. Vorremmo aiutarli, ma abbiamo l’impressione che ci sia qualcuno dietro le proteste, che qualcuno li stia aizzando contro di noi”.

Il problema è che tra il Council e le imprese che assumono gli studenti del programma c’è un numero imprecisato di intermediari ed è difficile ricostruire di chi sia la responsabilità. Nel frattempo si sono mossi i sindacati: Rick Bloomingdale, presidente del Service Employees International Union per la Pennsylvania, si è unito agli studenti che protestavano e ha tenuto un breve discorso. La National Guestworker Alliance ha chiesto al Council di essere cancellata dalla lista di associazioni e organizzazioni che sostengono il programma.