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  • Giovedì 23 giugno 2011

Arrestato un viceministro in Iran

L'ala religiosa del regime è sempre più insofferente nei confronti di Ahmadinejad e lo scontro ha un'altra vittima

Iranian President Mahmoud Ahmadinejad smiles during a press conference in Tehran on April 4, 2011 during which he said that the United States and its allies pressured Gulf Arab states to accuse Iran of interfering in the region, and also demanded Saudi forces leave Bahrain. AFP PHOTO / BEHROUZ MEHRI (Photo credit should read BEHROUZ MEHRI/AFP/Getty Images)
Iranian President Mahmoud Ahmadinejad smiles during a press conference in Tehran on April 4, 2011 during which he said that the United States and its allies pressured Gulf Arab states to accuse Iran of interfering in the region, and also demanded Saudi forces leave Bahrain. AFP PHOTO / BEHROUZ MEHRI (Photo credit should read BEHROUZ MEHRI/AFP/Getty Images)

In Iran lo scontro tra il presidente Mahmoud Ahmadinejad e l’ayatollah Ali Khamenei continua a essere intenso. Oggi il viceministro degli esteri Mohammad Sharif Malekzadeh, alleato di Ahmadinejad, è stato arrestato a soltanto due giorni dalla sua nomina. Gli uomini dell’ayatollah Khamenei non avevano gradito che la scelta fosse caduta su uno dei sodali di Esfandiar Rahim Mashaei, il potente cognato e consigliere di Ahamadinejad, accusato più volte dai religiosi di essere “il vero presidente dell’Iran”.

Il conflitto tra l’ala religiosa del regime, che fa capo a Khamenei, e quella militare, che fa riferimento ad Ahmadinejad, è noto ormai da tempo. I primi indizi di una spaccatura tra Khamenei e Ahmadinejad risalgono al 2009, quando la Guida Suprema costrinse il presidente a sollevare dall’incarico il suo vicepresidente, che era anche un suo parente acquisito. Lo scontro si è poi progressivamente intensificato, fino alle aperte spaccature degli ultimi mesi. Dalle proteste seguite alle elezioni del 2009, infatti, l’influenza istituzionale delle forze moderate nella politica iraniana si è ridotta quasi allo zero, e molti ayatollah sembrano essere convinti della necessità di contenere Ahmadinejad per evitare l’esplosione di un nuovo conflitto.

Lo scorso aprile Khamenei era intervenuto per rimettere al suo posto il ministro dell’intelligence che Ahmadinejad aveva costretto a dimettersi. Ahmadinejad non l’aveva presa bene e non si era presentato alle successive due riunioni del governo, finché l’ayatollah non arrivò a ricordargli che anche lui rischiava di essere rimosso dall’incarico. A maggio è poi arrivata l’accusa di stregoneria contro alcune delle persone più vicine al presidente iraniano, sospettate di avere usato poteri soprannaturali per avvantaggiarsi nello scontro politico. È noto infatti che proprio il braccio destro di Ahmadinejad, Mashai, sostenga da tempo di avere un collegamento diretto con il messia dell’Islam iraniano, il dodicesimo imam, e per questo consideri superflua l’intercessione dei religiosi. Lo stesso Ahmadinejad è notoriamente ossessionato dall’imam nascosto: lo cita spesso nei suoi discorsi e nel 2009 disse di avere le prove che gli Stati Uniti stavano impedendo il suo ritorno sulla Terra.

Secondo la maggior parte degli analisti, i continui scontri possono essere letti nel quadro della campagna elettorale in vista delle prossime elezioni parlamentari, previste per il marzo del 2012. Da tempo c’è infatti chi pensa che Ahmadinejad possa fare la fine di Abdulhassan Banisadr, il primo presidente dell’Iran dopo la rivoluzione, che fu messo in stato d’accusa e infine esiliato perché accusato di voler ridurre il potere dei religiosi. Anche se, come spiega il NYT, per l’ayatollah Khamenei non sarà facile sbarazzarsi completamente di Ahmadinejad senza rischiare di perdere consenso, dal momento che entrambi si rivolgono alla stessa base elettorale. Mettere Ahmadinejad da parte potrebbe quindi creare ulteriore instabilità all’interno di un sistema politico ancora traballante dopo le proteste seguite alle elezioni del 2009.