Chi viene dopo Alfano

Le ipotesi di Repubblica, alcune particolarmente inquietanti, per la successione al ministro della Giustizia

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
13-03-2011 Roma
Interni
Trasmissione televisiva "In 1/2 Ora"
Nella foto Angelino Alfano (Ministro Giustizia)

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
13-03-2011 Rome
Tv program "In 1/2 Ora"
In the photo Angelino Alfano
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 13-03-2011 Roma Interni Trasmissione televisiva "In 1/2 Ora" Nella foto Angelino Alfano (Ministro Giustizia) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 13-03-2011 Rome Tv program "In 1/2 Ora" In the photo Angelino Alfano

Nella conferenza stampa che è seguita all’annuncio della sua nomina alla carica di segretario politico del PdL, inventata per l’occasione, Angelino Alfano ha detto che si dimetterà da ministro della Giustizia perché ritiene i due incarichi tra loro incompatibili. Non è stata fornita alcuna scadenza, anzi: Alfano ha detto che si dimetterà da ministro «non prima del decreto sul codice antimafia e di quello sulla semplificazione dei riti dei processi civili». Considerate le precarie condizioni della maggioranza alla Camera potrebbe non essere una cosa immediata, e d’altra parte a Berlusconi non dispiacerà avere qualche tempo per scegliere il nuovo ministro della Giustizia. «Abbiamo esaminato i possibili candidati», ha detto ieri il PresdelCons, «ma non è questo il momento di fare i nomi».

Con ogni probabilità, sulla successione di Alfano si aprirà una finestra tematica di indiscrezioni e retroscena che rischia di andare avanti tutta l’estate. Alcuni nomi sono già sul tavolo, e un buon punto della situazione è offerto oggi da Alberto D’Argenio. Ne diamo conto per avere un’idea dei nomi in gioco, con la consueta avvertenza che si tratta di informazioni da prendere con le molle. Il primo candidato alla carica di ministro, secondo il premier, sarebbe stato Fabrizio Cicchitto, attuale capogruppo del PdL alla Camera. Cicchitto avrebbe rifiutato, riconoscendo di avere un profilo incendiario per un incarico così delicato. Quindi i nomi in campo sono rimasti questi.

Anche se non si esclude la nomina di un tecnico, il primo nome che ha iniziato a circolare dopo il no di Cicchitto è stato quello di Maurizio Lupi. Attuale vicepresidente della Camera, ciellino molto stimato da Berlusconi, il quarantenne Lupi era gradito anche dai ministri di Liberamente (Frattini, Gelmini e Carfagna). Ma la sua nomina sembra non convincere del tutto il Cavaliere, che per quella poltrona vorrebbe qualcuno più aggressivo, è lui stesso non appare molto convinto. Quindi è spuntato il nome di Elio Vito – attuale ministro per i Rapporti con il Parlamento, ex radicale e iper-garantista – anche questa una scelta che non soddisfa completamente il premier. La sua sarebbe una nomina di compromesso tra le diverse anime del Pdl, ma contro di lui gioca anche il fatto che ormai da qualche anno si è defilato dai grandi giochi della politica. Ad ogni modo una sua eventuale nomina si porterebbe dietro una serie di conseguenze. Lupi sarebbe pronto a sostituirlo, liberando la vicepresidenza di Montecitorio. Poltrona che potrebbe andare a Claudio Scajola, ex ministro dello Sviluppo uscito dal governo dopo lo scandalo della cricca. Lo stesso schema si verificherebbe nel caso Berlusconi in cui Berlusconi tornasse alla carica con Cicchitto e riuscisse a convincerlo. Ma Scajola potrebbe anche prendere il posto di Vito.

C’è poi un’altra ipotesi, che D’Argenio su Repubblica definisce “suggestiva” ma tanto suggestiva non è. Un ritorno al ministero della Giustizia del leghista Roberto Castelli, già Guardasigilli dal 2001 e dal 2006.

Il leghista piace al premier e al suo più stretto collaboratore e suggeritore sulla giustizia, l’avvocato Ghedini. Un’idea appena abbozzata che potrebbe prendere corpo. Tra l’altro Castelli era stata la prima scelta per Via Arenula a inizio legislatura, ma l’ingegnere di Lecco aveva rifiutato. E ieri Berlusconi ha anche promesso di nominare il ministro delle Politiche Ue, posto lasciato libero dal finiano Andrea Ronchi ormai sei mesi fa.

foto: Roberto Monaldo / LaPresse