Il caso Antonveneta

La storia delle scalate bancarie del 2005 che ha portato alla condanna di Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia

© Gian Mattia D'Alberto - LaPresse
13-01-2010 Milano
interni
Processo Antonveneta
Nella Foto: Antonio Fazio,ex governatore di Bankitalia, in aula per la sua deposizione

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13-01-2010 Milan
Antonveneta bank trial
in the photo: Antonio Fazio in the court
© Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 13-01-2010 Milano interni Processo Antonveneta Nella Foto: Antonio Fazio,ex governatore di Bankitalia, in aula per la sua deposizione © Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 13-01-2010 Milan Antonveneta bank trial in the photo: Antonio Fazio in the court

Ieri Antonio Fazio, ex governatore della Banca d’Italia, è stato condannato per aggiotaggio a quattro anni di reclusione e a pagare una multa da un milione e mezzo di euro, nel processo sulla tentata scalata ad Antonveneta da parte della Banca Popolare di Lodi. Sono fatti che si riferiscono al cosiddetto caso Bancopoli, che coinvolse diverse banche italiane lungo l’estate del 2005 con molte ripercussioni anche sulla politica. È una storia intricata e complessa, difficile da leggere e da spiegare: ne facciamo una sintesi, privilegiando gli aspetti direttamente collegati al caso Antonveneta, oggetto delle sentenze di ieri.

Di cosa parliamo
Tra il 2004 e il 2005 il sistema bancario italiano fu coinvolto da una serie di significativi movimenti, collegati soprattutto al tentativo di alcuni grossi gruppi stranieri di assumere il controllo di alcune banche italiane. È questo il periodo in cui circola molto sui giornali e nel dibattito pubblico la formula “italianità delle banche” o “delle aziende”, volta a indicare proprio il presunto valore nel fatto che una banca o un’azienda fondata in Italia e operante in Italia resti in mano ad azionisti o gruppi economici italiani. I principali movimenti di quei mesi vedevano al centro la Banca Antonveneta, oggetto delle attenzioni della banca olandese ABN Amro, e la Banca Nazionale del Lavoro (BNL) oggetto delle attenzioni della banca spagnola Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA). Allo stesso tempo, queste due banche italiane erano oggetto di interesse anche da parte di due altre banche italiane: la Banca Popolare di Lodi (BPL), poi Banca Popolare Italiana (BPI), guidata da Gianpiero Fiorani, e Unipol, guidata da Giovanni Consorte. Siamo nella primavera del 2005: ABN Amro e BPL lanciano un’offerta pubblica di acquisto su Antonveneta, BBVA e Unipol lanciano un’offerta pubblica di acquisto su BNL. Tutte e quattro le offerte falliscono. Ma il modo in cui si arriva a questo scenario è oggetto delle inchieste e delle condanne emesse ieri.

Il ruolo della Banca d’Italia
Prima di emettere l’OPA verso Antonveneta, la banca di Fiorani aveva aumentato la sua quota di partecipazione nella banca. ABN Amro aveva fatto lo stesso. Questo genere di operazioni necessitano dell’autorizzazione della Banca d’Italia. Secondo la tesi dell’accusa, l’allora governatore Fazio avrebbe favorito più volte la banca di Fiorani ai danni della banca olandese, accelerando alcune autorizzazioni e rallentandone altre. A febbraio Fiorani diventa amministratore delegato di Antonveneta alleandosi con altri soci – tra cui Unipol e Magiste, la società di Stefano Ricucci – e formando una sorta di “patto di sindacato occulto”. Fiorani elimina dal cda tutti i membri facenti riferimento ad ABN Amro, che intanto aveva già presentato la sua OPA e aspettava il via libera dalla Banca d’Italia. Soltanto la CONSOB obbligherà Fiorani a fare un’OPA su Antonveneta, visto che di concerto con i suoi soci aveva superato la quota del 30 per cento oltre la quale la legge obbliga a lanciare un’offerta di acquisto sul totale del capitale della società scalata. La Banca d’Italia alla fine darà il via libera all’OPA di Fiorani, facendo fuori gli olandesi.

L’inchiesta
Passano poche settimane e la procura apre un’inchiesta contro ignoti, ipotizzando il reato di aggiotaggio. Poi arrivano pure gli indagati: sono ventitré e tra questi ci sono l’amministratore delegato della BPI Gianpiero Fiorani, il finanziere Emilio Gnutti insieme a diciotto imprenditori bresciani suoi amici e sodali dell’operazione Antonveneta, gli immobiliaristi Danilo Coppola e Stefano Ricucci. La procura sostiene che siano state messe in circolazione delle notizie false per modificare il prezzo delle azioni di Antonveneta e ostacolare così l’OPA di ABN Amro, e che gli imprenditori bresciani siano stati finanziati dalla BNL per rastrellare azioni Antonveneta per conto di Fiorani. Nel frattempo apre un’indagine anche la procura di Roma e il caso si allarga: tra gli indagati finiscono anche il responsabile della vigilanza all’interno della Banca d’Italia, Francesco Frasca, e aumentano i capi d’accusa per Fiorani: falso in prospetto, abuso d’ufficio e falso in bilancio. Vengono fuori anche alcune intercettazioni telefoniche tra Fazio e Fiorani e in una di queste l’allora governatore della Banca d’Italia annuncia privatamente a Fiorani il via libera alla sua OPA riguardo Antonveneta, prima di annunciarla ai mercati. Fiorani risponde mandando a Fazio “un bacio in fronte”, a dimostrazione del loro rapporto confidenziale.

Bancopoli
Non c’è solo la scalata ad Antonveneta nelle cronache di quelle settimane. Nello stesso periodo c’è quella di Unipol a BNL, sempre nello stesso periodo c’è quella di Stefano Ricucci a RCS, la società editrice del Corriere della Sera. È un’estate particolarmente movimentata e per questo lo scandalo si meriterà il neologismo giornalistico di “Bancopoli”. Qui ci limiteremo a descrivere quanto accaduto nel caso Antonveneta, che è al centro della condanna in primo grado di Antonio Fazio.

La caduta
Alla fine di luglio la procura di Milano dispone il sequestro delle azioni Antonveneta possedute dalla banca di Fiorani e dai suoi soci. A settembre Fiorani si dimette da amministratore delegato di BPI. Il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, è oggetto di numerose critiche dal mondo politico e dalla stampa, e praticamente non risponde. Circolano voci di una sua prossima iscrizione nel registro degli indagati, inizia a crescere il numero degli osservatori e degli addetti ai lavori che dicono di ritenere opportune le sue dimissioni. A metà di settembre si dimette invece il ministro dell’Economia del governo italiano, Domenico Siniscalco, polemizzando per la posizione a suo dire neutrale del governo Berlusconi. Nel frattempo tra gli indagati sono finiti anche Giovanni Consorte e l’intero consiglio di amministrazione di BPI.

Passano diversi mesi, le inchieste vanno avanti. Alla fine del 2005 succedono diverse cose importanti. Il 13 dicembre Gianpiero Fiorani viene arrestato, nel frattempo era stato messo sotto indagine anche per il reato di associazione a delinquere. Il 19 dicembre Antonio Fazio si dimette da governatore della Banca d’Italia. Il 28 dicembre Giovanni Consorte si dimette da amministratore delegato di Unipol. All’inizio del 2006 la banca olandese ABN Amro acquista il capitale di Antonveneta in mano alla BPI e ne assume il controllo, lanciando un’offerta pubblica di acquisto. Poche settimane dopo la banca francese BNP Paribas acquista la maggioranza delle azioni di BNL e lancia un’offerta pubblica di acquisto sulla totalità del capitale.

Il processo
Molte delle persone rinviate a giudizio hanno patteggiato la pena e quindi sono uscite dal procedimento prima della sentenza di ieri. Tra questi c’è Stefano Ricucci. Gli stessi Fiorani e Consorte avevano ottenuto il patteggiamento per parte delle accuse. Durante il processo Fiorani dirà, in aula: «Fazio mi disse che noi dovevamo superare il 50% per far fallire l’OPA di ABN Amro. […] Ricordo non solo le parole, ma anche le fattezze e il modo in cui Fazio le ha dette». Fazio negherà tutto, accusando Fiorani di averlo ingannato. Scrive Walter Galbiati su Repubblica di oggi, però: “Il processo ha finora dimostrato che non era possibile seguire la via maestra, la strada legale, perché la Popolare di Lodi non aveva i requisiti patrimoniali per comprare la banca Antonveneta. Solo il potere del governatore Antonio Fazio era in grado di permettere a una banca di provincia di contrastare un colosso come ABN Amro e di trasformarne il numero uno della Lodi, Gianpiero Fiorani, nell’alfiere dell’italianità”.

Alla fine del processo di primo grado, la procura chiede tre anni di reclusione per Fazio, un anno e tre mesi per Fiorani, tre anni per Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, suo ex vice a Unipol. Le condanne di ieri in alcuni casi superano le richieste dei pm. Antonio Fazio è stato condannato a quattro anni, un milione e mezzo di euro di multa e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Gianpiero Fiorani è stato condannato a un anno e otto mesi di reclusione. Tre anni per Consorte e Sacchetti. Tra i condannati per aggiotaggio c’è anche il senatore del PdL Luigi Grillo, amico di Fiorani. L’unica assoluzione è arrivata per il responsabile della vigilanza all’interno della Banca d’Italia, Francesco Frasca: in attesa di leggere le motivazioni della sentenza, questo dato viene letto come un’aggravarsi delle responsabilità direttamente riconducibili a Fazio. Sia Grillo che Fazio che Consorte si sono detti innocenti.

foto: Gian Mattia D’Alberto – LaPresse