Nel corso degli anni allo Huffington Post hanno collaborato almeno 9.000 persone, spiegano su Slate (dove, come in molti altri grandi siti, l’iniziativa di Tasini è stata molto criticata). Tutti gli autori che si sono offerti di aprire un blog o segnalare contenuti lo hanno fatto gratuitamente, ottenendo in cambio un po’ di visibilità e la possibilità di confrontarsi con i lettori del sito. Gli obiettivi dello HuffPo erano comunque quelli di ricavare dei soldi dalle proprie attività, obiettivo più che chiaro a tutti i collaboratori che nel corso degli anni si sono dati da fare per scrivere le loro cose sul giornale.
Tasini era uno dei collaboratori che non potevano fare a meno di pubblicare cose sul sito. Tasini ha raccolto tutti i titoli, le date e il numero dei commenti generati dai suoi 216 articoli per lo HuffPo che ha scritto gratuitamente tra il 5 dicembre 2005 e il 10 febbraio 2011, prima che il sito venisse venduto. Essenzialmente, l’argomento legale portato avanti da Tasini è: lo HuffPo ha tratto profitto dai contribuiti gratuiti nella propria recente vendita a AOL per 315 milioni di dollari, e Tasini e altri volontari ritengono ora di dover ricevere i pagamenti che non gli erano mai stati promessi.
Anche se non sembrano esserci molti appigli legali per ottenere un’ingiunzione che obblighi Arianna Huffington a pagare, Tasini appare molto determinato e si è ripromesso di «rendere la sua vita un inferno». Sul suo sito personale, l’ex blogger dello HuffPo la definisce un «amministratore delegato rapinatore» e invita chi collabora ancora gratuitamente a scioperare. Secondo Tasini, questo dovrebbe danneggiare la testata a tal punto da spingere la Huffington a dare qualche soldo ai collaboratori, ma difficilmente accadrà qualcosa del genere.
Come avviene per molti altri siti online, chi ha deciso di collaborare con lo HuffPo non ha firmato alcun particolare contratto e non ci sono molti obblighi da entrambe le parti. In genere chi pubblica i contenuti si riserva di non mettere online articoli o contenuti offensivi o ritenuti non adatti, mentre chi li produce volontariamente non è obbligato a scrivere con una determinata regolarità o a rispettare scadenze. Non ci sono consegne dirette né obblighi a scrivere di un determinato argomento. Queste condizioni rendono molto labile il rapporto tra i collaboratori dell’HuffPo e la testata, tanto da rendere poco immaginabile un pronunciamento positivo a favore della class action avviata da Tasini.
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