Perché firmiamo?

La storia di un'usanza antica che la tecnologia non ha soppiantato

IN FLIGHT - FEBRUARY 17: In this handout provide by the White House, U.S. President Barack Obama signature remains on a bill near a pen used for the signing, aboard Air Force One on a flight from Buckley Air Force Base, Denver Colorado to Phoenix, Arizona on February 17, 2009 in flight. Obama is serving as the 44th President of the U.S. and the first African-American to be elected to the office of President in the history of the United States. (Photo by Pete Souza/White House via Getty Images) *** Local Caption *** Barack Obama
IN FLIGHT - FEBRUARY 17: In this handout provide by the White House, U.S. President Barack Obama signature remains on a bill near a pen used for the signing, aboard Air Force One on a flight from Buckley Air Force Base, Denver Colorado to Phoenix, Arizona on February 17, 2009 in flight. Obama is serving as the 44th President of the U.S. and the first African-American to be elected to the office of President in the history of the United States. (Photo by Pete Souza/White House via Getty Images) *** Local Caption *** Barack Obama

Per quanto antichissima, l’usanza di scrivere il proprio nome per convalidare un testo o documento è ancora molto diffusa e non ha ancora trovato un sostituto degno di questo nome (per quanto da tempo si provino firme digitali e cose del genere, funzionanti ma dalla diffusione ancora ridotta). Qualche giorno fa Slate ha raccontato come questa usanza è nata e quando si è diffusa, e come prevedibile è dovuto andare molto indietro con gli anni.

Si dice infatti che le comunità ebraiche si servivano di firme scritte nel Secondo secolo dopo Cristo, mentre i musulmani le impiegarono già dai tempi dell’Egira, nel 622 dopo Cristo. In Europa, invece, le prime firme risalgono al sesto secolo ma il loro uso si impose con il diffondersi dell’istruzione, tra il XVI e il XVII secolo. Nel 1677 l’Inghilterra promulgò uno “Statuto contro le frodi”, che stabiliva che i contratti dovevano essere scritti e autenticati con delle firme. La pratica venne adottata anche negli Stati Uniti, all’epoca colonia britannica.

Prima di allora, dal VI al XVII secolo in Europa si usarono svariati modi per convalidare i contratti e i documenti ufficiali. In Francia erano molto comuni i timbri di cera con un’immagine impressa o a rilievo. La tradizione venne esportata in Inghilterra dai normanni nel XI secolo ed è tuttora la pratica comune in Cina, Giappone e Corea. Tra i regnanti e le persone più benestanti erano diffusi gli anelli con i sigilli, una pratica di cui si trova traccia nella Bibbia e in vari documenti di epoche antiche. Gli accordi più informali venivano talvolta sanciti scambiandosi una ciocca di capelli. A partire dal XIII secolo i patti vennero stipulati con uno schiaffo: in questo modo entrambe le parti, ricordandosi il dolore dello schiaffo, si sarebbero ricordati anche dell’accordo.

Le leggi che riconoscono la validità delle firme si sono evolute adattandosi ai cambiamenti tecnologici avvenuti nel tempo. A fine Ottocento la diffusione della stampa e dei timbri ha portato il Regno Unito e gli Stati Uniti a riconoscere le firme stampate o impresse con un timbro. Nel 1869 il New Hampshire ha stabilito che un accordo preso via telegramma ha lo stesso valore di un contratto firmato. In anni recenti gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno confermato che un nome scritto in fondo a un’email può avere lo stesso valore di una firma e costituire un accordo vincolante. Oggi esiste anche la firma digitale, un sistema di autenticazione informatica basato su codici crittografici. La firma fatta a penna su un foglio di carta, però, è tutt’ora di gran lunga lo strumento di vidimazione più diffuso e utilizzato.

foto: Pete Souza/White House via Getty Images