L’inchiesta sulla “P4”

Un riassunto con le cose da sapere, sorvolando sulla pessima scelta del nome

BERKELEY, CA - FEBRUARY 16: A job seeker carries a worn briefcase at the Green Jobs and Entrepeneurship Fair on February 16, 2011 in Berkeley, California. Hundreds of job seekers attended the one day job fair that focused on green jobs. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)
BERKELEY, CA - FEBRUARY 16: A job seeker carries a worn briefcase at the Green Jobs and Entrepeneurship Fair on February 16, 2011 in Berkeley, California. Hundreds of job seekers attended the one day job fair that focused on green jobs. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)

Dall’estate scorsa la procura di Napoli sta indagando su una presunta associazione segreta – rinominata ben poco originalmente “P4” – costituita allo scopo di “interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”. La stampa se n’è occupata di nuovo in questi giorni anche se i contorni della vicenda sono ancora piuttosto oscuri. Quel che è certo è che gli inquirenti hanno sentito molti personaggi di primo piano della politica italiana in quanto “informati sui fatti”, tra cui Gianni Letta, Italo Bocchino e Massimo D’Alema, in qualità di presidente del Copasir, la commissione di controllo parlamentare sui servizi segreti.

Di cosa parliamo
L’inchiesta è condotta da due pm di Napoli, Francesco Curcio e Herny John Woodcock. Quest’ultimo è abbastanza noto perché in passato ha rivestito la pubblica accusa in alcuni processi di grande visibilità, tra tutti quello sul cosiddetto scandalo “Vallettopoli” e quello ai danni di Vittorio Emanuele di Savoia. In soldoni, l’accusa sostiene che i membri di questa organizzazione segreta si favorissero a vicenda nell’assegnazione di appalti, di nomine e di finanziamenti. I filoni sono tre. Il personaggio centrale è uno solo, si chiama Luigi Bisignani e non è indagato.

Chi è Bisignani
È un uomo che pubblicamente è praticamente invisibile ma che viene raccontato dalla stampa con toni quasi mitologici. Di lui si sa che era iscritto alla P2, che faceva il giornalista all’ANSA, che finì coinvolto nello scandalo delle tangenti Enimont e che oggi fa il lobbista. Si sa che non è indagato e che i pm hanno perquisito l’abitazione di sua madre, quella del suo autista, quella della sua segretaria. Il Corriere lo definisce “manager e uomo d’affari dalle importanti relazioni politiche ed economiche, considerato molto vicino a uomini di governo, dirigenti dei servizi segreti e di enti pubblici strategici, come l’Eni”. Alberto Statera su Repubblica ha detto che è “ufficialmente manager di una società tipografica torinese” ma che “in realtà svolge per conto di Letta le funzioni di portavoce dei potentissimi sottosegretariati di palazzo Chigi” e che della P2 era “il reclutatore”. Secondo Giovanni Pons, sempre su Repubblica, Bisignani sarebbe addirittura “lo snodo delle più importanti nomine pubbliche del paese”. Il suo nome era già spuntato fuori nei resoconti giornalistici sulla cosiddetta “P3”, la lobby di Carboni, Lombardi e Martino di cui si era parlato molto quest’estate. Bisignani ha chiesto di presentari spontaneamente in procura per parlare con i pm e dovrebbe arrivare a Napoli il 15 marzo.

L’unico indagato
In questo momento l’unico indagato si chiama Enrico La Monica e fa il maresciallo nella sezione anticrimine dei carabinieri di Napoli. La Monica, hanno scritto sul Corriere Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini, a dicembre doveva rientrare da un viaggio in Senegal ma non è mai tornato e non è mai rientrato in servizio, inviando certificati medici per giustificare la sua assenza. È accusato di far parte di un “sodalizio criminoso, unitamente ad altri esponenti delle istituzioni dello Stato e del mondo degli affari, costituito e mantenuto in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia”. I pm sospettano che La Monica abbia rivelato “in più occasioni notizie coperte da segreto, anche attinte da altri appartenenti alle forze dell’ordine”, sembra allo scopo di fare carriera nei servizi segreti. Proprio all’utilizzo illegale di informazioni  fa riferimento uno dei tre filoni dell’inchiesta emersi fino a questo momento.

Il “dossieraggio”
Oltre all’abitazione di La Monica è stata perquisita anche quella di Valter Lavitola, il direttore dell’Avanti! di cui si parlò molto qualche mese fa in relazione ai suoi “scoop” sulla storia della casa di Montecarlo e ai suoi rapporti col governo dell’isola di Santa Lucia. I pm sostengono che Lavitola faccia parte di “un articolato meccanismo illecito riconducibile a taluni soggetti impegnati nella gestione di un sistema preordinato alla acquisizione illegale e alla gestione, per scopi e finalità diversi e lontani da quelli istituzionali, di notizie riservate e secretate inerenti, tra l’altro, anche delicati procedimenti penali in corso”. Lo scorso settembre, un articolo di Giuseppe D’Avanzo su Repubblica metteva Bisignani in relazione alla “macchina del fango” e alla storia dei documenti arrivati dall’isola di Santa Lucia sulla casa di Montecarlo.

I contributi all’editoria
I pm stanno indagando anche per verificare se la distribuzione dei contributi per l’editoria da parte della presidenza del Consiglio – e quindi Letta, e quindi torniamo allo stesso Bisignani – sia stata talvolta utilizzata in modo strumentale, per premiare o per punire questa o quella testata. Per questa ragione i magistrati hanno sentito Italo Bocchino, tra gli editori del quotidiano napoletano Roma, e Daniele Capezzone, già direttore editoriale dell’agenzia di stampa “Il Velino”, ed Elisa Grande, capo del dipartimento Informazione ed editoria di Palazzo Chigi.

Gli appalti
Poi c’è l’assegnazione di appalti e commesse. Tra quelli su cui si indaga c’è quello a trattativa privata con cui è stata assegnata l’informatizzazione della sede di governo e alcuni contratti relativi all’ENI e all’ENEL. Sono stati perquisiti anche gli uffici degli imprenditori Luigi Matacena e Nicola D’Abundo, entrambi in contatto con un altro politico del PdL accusato dai magistrati di far parte dell’organizzazione, il parlamentare Alfonso Papa. Lo scorso gennaio il ministro della Giustizia aveva disposto degli accertamenti relativamente alle attenzioni dei pm nei confronti del deputato Papa, di cui questo aveva appreso dai giornali. Secondo quanto scritto da Dario Dal Porto su Repubblica, i pm sospettano Papa di aver utilizzato informazioni riservate per “avanzare indebite pretese e indebite richieste” nei confronti di imprenditori e finanzieri resi vulnerabili da qualche problema con la giustizia, ai quali offriva “protezione giudiziaria”.

foto: Justin Sullivan/Getty Images