Cosa dice Lavitola

Unità e Repubblica intervistano il direttore dell'Avanti accusato di aver trafficato col documento di Saint Lucia

Sul ramo caraibico della vicenda casa a Montecarlo, Valter Lavitola è stato tirato pubblicamente in ballo giovedì sera da Italo Bocchino, che lo ha accusato di essere l’artefice di fatto della cosiddetta “patacca” che attribuiva a Giancarlo Tulliani la proprietà della casa di Montecarlo venduta da Alleanza Nazionale. Lavitola è direttore del quotidiano Avanti, ormai sottratto da anni alla sua illustre tradizione di organo del Partito Socialista. Ha legami molto stretti con Silvio Berlusconi, che gli ha dato responsabilità di relazioni con i paesi sudamericani, che frequenta assiduamente.

Subito dopo le accuse di Bocchino (che definisce suo “ex amico”), Lavitola ha genericamente risposto che erano completamente infondate e assurde, ma senza particolare scandalo e indignazione: lasciando sospettare che non fossero un fulmine a ciel sereno. Da ieri sera, dopo il video di Fini, ha cominciato a spiegare un po’ di dettagli che alla vicenda della lettera del ministro di Saint Lucia in effetti lo legano: pur continuando a negare la versione dei finiani.

Oggi lo intervistano l’Unità e Repubblica. All’Unità Lavitola indica intanto chi sarebbero i proprietari delle società in questione secondo la versione dei finiani.

Per salvare Tulliani stanno cercando di attribuire la proprietà di Printemps Ltd e Timara Ltd a due personaggi: l’uno, italiano, si occupa di case da gioco e l’altro di consulenze per società off shore.

Natalia Lombardo che lo ha intervistato gli fa i nomi di “Corallo e Laboccetta” e Lavitola risponde che “uno dei due è lui”. Passa poi a spiegare come si sia in effetti occupato della vicenda, a sentir lui:

«È vero invece che io sto lavorando da qualche mese per capire chi fosse il proprietario della casa. (…) A un’inchiesta su una connection su case da gioco e altro: secondo me c’è, tra Italia e vari paesi del Sudamerica, ma non ha a che fare con Fini. Mi sono trovato fra le mani un documento riferito a Tulliani che, solo dopo che era uscito lo scandalo in Italia, ho ritenuto utilissimo (…) Un documento fatto da un agente domiciliatario di una di queste società che vendono le licenze delle off shore, che si riferiva al Tulliani. Non l’ho certo lasciato cascare, ma devo avere la certezza, sennò lo scoop l’avrebbe fatto l’Avanti, no?»

Appartiene più al colore umano – ma significativo nel descrivere una classe dirigente – la risposta di Lavitola alla domanda su “cosa gli abbia detto Berlusconi”.

«Mi ha detto: “Tu sei un maestro a far casino… Stai attento, non ti far coinvolgere”. Mi vuole bene ma non vuole che scenda in politica (…) Mi dà un sacco di consigli e di pazienza, ma cose sostanziose no».

La ricostruzione che Lavitola consegna a Repubblica è la stessa:

«A giugno, in uno dei miei viaggi tra il Brasile, l’Argentina, Panama e Santa Lucia, un’isola bellissima, ho messo a fuoco una connection illegale che operava tra Italia e Sudamerica. Roba d´alto cabotaggio: gioco d´azzardo, riciclaggio. Non faccio nomi, non voglio bruciarmi le prossime puntate. Gianfranco Fini non c´entrava niente, ma sguinzagliando i miei cinque amici free-lance ho raccolto due metri cubi di carte che oggi, a quattro mesi di distanza, non sono ancora riuscito ad analizzare. Io stesso ho fatto avanti e indietro da Roma, domani parto di nuovo»

E aggiunge alcune altre cose sulla mail in cui si sarebbe imbattuto durante questa indagine:

«L’aveva segnalata l’uomo di Miami: era una posta inviata dall´amministratore della Printemps, il commercialista James Wolfenzao, al gestore della stessa società off-shore. Rivelava che il beneficiario della società era Giancarlo Tulliani. Senza nominarlo. Diceva “il cognato di Fini”». Beneficiario o proprietario? «I termini si equivalgono». Ma l´amico free-lance come ha potuto intercettare la mail di un potente procuratore off-shore? «Non l´ho chiesto, la responsabilità è sua». Da giugno conosce questa rivelazione e non pubblica niente sull´Avanti? «Sono un giornalista garantista, servivano verifiche». Forse ha preferito segnalare la scoperta all´entourage di Berlusconi? «No, assolutamente. Né allo staff del premier né al Giornale».