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  • Lunedì 27 dicembre 2010

Cosa c’è nella sentenza su Giampaolo Ganzer

Sono state pubblicate le motivazioni della condanna in primo grado del generale del ROS

Sono state pubblicate oggi le motivazioni della sentenza di condanna ai danni del generale del ROS Giampaolo Ganzer. L’acronimo ROS sta per Raggruppamento operativo speciale, in pratica l’unità investigativa dei Carabinieri. Ganzer lo scorso luglio era stato condannato in primo grado a 14 anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero comprato carichi di droga da trafficanti sudamericani o libanesi mai denunciati, avrebbero fatto arrivare in Italia le sostanze stupefacenti per poi arrestare i singoli corrieri allo scopo di ottenere facili avanzamenti di carriera. I soldi frutto della vendita della droga non sarebbero stati sequestrati, i rapporti sulle operazioni sarebbero stati falsificati. I fatti risalirebbero all’inizio degli anni Novanta. La difesa di Ganzer sostiene invece che quelle operazioni sotto copertura servivano per individuare e arrestare chi spacciava e trafficava droga sul territorio nazionale.

Stando alle motivazioni della sentenza depositate dai giudici del tribunale di Milano, “il generale Gianpaolo Ganzer non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di droga garantendo loro l’assoluta impunità. Ganzer ha tradito per interesse lo Stato e tutti i suoi doveri tra cui quello di rispettare e fare rispettare la legge”. Prosegue così la sintesi di Repubblica.

Secondo i giudici dell’ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, il generale “non ha minimamente esitato (…) a dar corso” a operazioni antidroga “basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo reparto”. Il comandante dei Ros inoltre “ha tradito, per interesse personale, tutti i suoi doveri, e fra gli altri quello di rispettare e far rispettare le leggi dello Stato”.

Le motivazioni si spingono oltre la descrizione dei presunti reati, e descrivono la “preoccupante personalità” di Ganzer, che lo renderebbe capace “di commettere anche gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione”. Nel corso del processo, poi, Ganzer per “sfuggire alle gravissime responsabilità” avrebbe “preferito vestire i panni di un distratto burocrate che firmava gli atti che gli venivano sottoposti”.

La sentenza di condanna ai danni di Ganzer è considerata piuttosto controversa, per almeno due ordini di ragioni. Il primo è rappresentato dalle molteplici testimonianze che descrivono il generale Ganzer come un onesto servitore dello Stato, colpevole forse di avere utilizzato metodi di indagine eccessivamente aggressivi e spregiudicati ma non di aver messo in piedi un sistema per truffare lo Stato e fare un favore ai narcotrafficanti. Scriveva così, lo scorso luglio, Carlo Bonini su Repubblica.

Un’investigazione «speciale» e «segreta», che lavora senza guanti, che sa essere molto redditizia nei risultati, perché invasiva nelle tecniche di ascolto e pedinamento, aggressiva, spiccia e persuasiva con i confidenti. Soprattutto, dove i rapporti di forza tra polizia giudiziaria e magistratura sono capovolti, con la prima a dettare tempi e canovaccio dell´indagine. E la seconda chiamata a dare veste giuridica a un risultato comunque raggiunto.

Il secondo si deve al fatto che, contrariamente a quanto chiesto dai pubblici ministeri, la sentenza di condanna ai danni di Ganzer riguarda alcuni episodi di traffico internazionale di stupefacenti. I giudici, infatti, non hanno riconosciuto il reato di associazione a delinquere. Per questa ragione l’accusa ha comunicato che ricorrerà in appello, consapevole che in assenza del riconoscimento dell’esistenza di un metodo, di un sistema, la lettura dei reati eventualmente commessi dal generale Ganzer diventa ben più problematica. Scriveva così, sempre lo scorso luglio, il Foglio: uno dei quotidiani che più si è battuto in questi mesi per l’innocenza di Ganzer.

Qui una certa contraddizione si riscontra nella stessa sentenza, perché secondo logica, un gruppo di militari non si mette a spacciare droga se non per realizzare un piano, che può essere un’operazione sotto copertura nella quale magari si è superato qualche limite, e allora la condanna a 14 anni è un’enormità, o può essere un’operazione con finalità illegali, e in questo caso non si comprende come si possa realizzare senza un’intesa tra gli interessati.