La riforma Gelmini, dopo Rosy Mauro

Ieri il governo si è fatto due autogol a tempo quasi scaduto, e le cose si sono complicate

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
20-12-2010 Roma
Politica
Senato, discussione su ddl Gelmini per la riforma dell'universita'
Nella foto Maria Stella Gelmini (Ministro Istruzione)

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
20-12-2010 Rome
Senate, discussion on school reform
In the photo Maria Stella Gelmini
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 20-12-2010 Roma Politica Senato, discussione su ddl Gelmini per la riforma dell'universita' Nella foto Maria Stella Gelmini (Ministro Istruzione) Foto Roberto Monaldo / LaPresse 20-12-2010 Rome Senate, discussion on school reform In the photo Maria Stella Gelmini

Stamattina alle 9,30 ricomincia il dibattito al Senato sulla discussa e contestata riforma dell’università voluta dal ministro Gelmini, che avrebbe dovuto arrivare al voto finale oggi, dopo l’approvazione della Camera della settimana scorsa. Ma ieri, a un passo dal traguardo, le cose si sono complicate per la maggioranza a causa di due successivi e diversi clamorosi errori di inesperienza e incompetenza.

1. Il primo, un cavilloso sbaglio tecnico nella compilazione del testo della legge, ha fatto a dire nel dibattito di ieri alla senatrice Sbarbati che il disegno di legge è “scritto con i piedi”. L’errore è stato portato all’attenzione del Senato ieri da alcuni parlamentari del Partito Democratico, primo il senatore Legnini e poi la senatrice Finocchiaro, che hanno chiesto vi si ponesse rimedio con una correzione del testo. Di cosa si tratti esattamente prova a spiegarlo il sito del Senato:

Nel corso dell’esame degli emendamenti riferiti all’articolo 6, il sen. Legnini (PD) ha evidenziato come alcune norme contenute nel testo fossero in contrasto tra loro. Nello specifico, si tratta delle norme sul titolo di professore aggregato che risultano ridefinite da un comma dell’articolo 6 del ddl in esame che riscrive l’articolo 11 della legge n. 230 del 2005 (la cosiddetta legge Moratti), quindi modificate da un comma successivo dello stesso articolo 6 ed infine abrogate dall’articolo 29 del ddl Gelmini.

2. Se il primo errore è avvenuto sulla prova scritta, il secondo – più palese e spettacolare – è arrivato sulla prova pratica, ed è conseguenza del primo. Di fronte alla richiesta dell’opposizione di sospendere la seduta e la votazione degli emendamenti per convocare la Giunta per il Regolamento e affrontare il problema, il Governo ha annunciato l’implausibile ed estemporanea soluzione di intervenire successivamente sulla legge nel decreto Milleproproghe. Le proteste sono ulteriormente cresciute e la vicepresidente del Senato Rosy Mauro – in quel momento facente funzioni di presidente dell’aula – ha interpretato la diffidenza della maggioranza per un rinvio: ha bocciato la richiesta dell’opposizione e procedendo poi tra le proteste – in un’escalation di concitazione – ha annunciato il voto sugli emendamenti seguenti praticamente da sola e meccanicamente, e in più sbagliandosi nel dichiararne ben quattro “approvati”. La scena ha girato molto in rete per tutta la serata di ieri e si è chiusa con la sospensione della seduta ormai in vero tumulto.

3. Dopo una lunga pausa in cui si è consultato con i capigruppo, il presidente Schifani ha riaperto la seduta e ha annunciato che l’evidente “caos” in cui si era svolta la votazione obbligava a rivotare gli mendamenti “approvati”. Le opposizioni si sono opposte, invano. Ma c’è stato lungo dibattito, e alle 21 la seduta è stata tolta con ancora molti emendamenti da votare e soprattutto irrisolto il problema primigenio, malgrado l’intervento del ministro Gelmini per ribadire la prospettiva della soluzione “in Consiglio dei Ministri”, prospettiva demolita dall’opposizione.

4. Si ricomincia a votare stamattina alle 9,30. Mancano ancora da votare circa 400 emendamenti. Lo stesso ministro Gelmini ha detto di mettere in conto che il voto finale a questo punto possa slittare a domani. Ma il problema segnalato da Legnini e Finocchiaro rimane, e il percorso di aggiustamento proposto dal Governo e dalla Giunta per il Regolamento riunita ieri sera non è per niente limpido. Dice Stefano Ceccanti del PD:

«La maggioranza avendo il problema politico che non si fida di tornare dai propri deputati, ha votato in Giunta per il Regolamento, con la sola opposizione di Pd e Idv, la possibilità per il legislatore di essere schizofrenico, di volere una cosa e allo stesso tempo di voler il contrario. Si ritiene quindi possibile all’articolo 6 della riforma universitaria modificare un articolo di legge (esattamente l’articolo 1, comma 111 della legge 4 novembre 2005, n. 230) e subito dopo, tranquillamente, di votare all’articolo 29 per la sua abrogazione, quando con tutta evidenza l’articolo 8 del Regolamento del Senato conferisce al suo Presidente i poteri di ordinare le votazioni evitando che sorgano tali schizofrenie. Il Senato ne uscirà umiliato: prima voterà una cosa e nella stessa legge il suo contrario, sapendolo scientemente prima».

5. La previsione più realistica è che il Senato e il Governo si comportino come dice Ceccanti, creando un maldestro precedente di toppa peggio del buco, e che la riforma “sbagliata” sia approvata tra stasera e domani. Ma la giornata di ieri ha insegnato che gli errori generano guai maggiori e conseguenze impreviste, per non parlare dell’ipotesi ardita che ieri è stata fatta in aula di una possibile mancata firma del Presidente della Repubblica a un testo dal percorso incongruente. In mezzo, c’è una giornata di manifestazioni di studenti intorno al centro di Roma.

(Foto Roberto Monaldo / LaPresse)