L’ultimo dittatore d’Europa ha un amico

«La sua gente lo ama», disse Berlusconi nel 2009 di Lukashenko, che domenica ha fatto arrestare e picchiare gli oppositori e la sua gente

Italian Prime Minister Silvio Berlusconi (L) and Belarus President Alexander Lukashenko inspect guards of honour during their meeting in Minsk on November 30, 2009. Italian Prime Minister Silvio Berlusconi arrived in Belarus on Monday, making the first visit by a Western leader in 15 years to the country. AFP PHOTO / VIKTOR DRACHEV (Photo credit should read VIKTOR DRACHEV/AFP/Getty Images)
Italian Prime Minister Silvio Berlusconi (L) and Belarus President Alexander Lukashenko inspect guards of honour during their meeting in Minsk on November 30, 2009. Italian Prime Minister Silvio Berlusconi arrived in Belarus on Monday, making the first visit by a Western leader in 15 years to the country. AFP PHOTO / VIKTOR DRACHEV (Photo credit should read VIKTOR DRACHEV/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni si è parlato più del solito di Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia. Se n’è parlato per due ragioni. La prima, il 18 dicembre, per via di un rapporto diplomatico statunitense diffuso da Wikileaks che racconta di come Lukashenko avrebbe comportamenti “bizzarri” e “disturbati”. Il giorno dopo e in quelli successivi, per via delle elezioni – considerate irregolari dagli osservatori internazionali – che lo hanno confermato presidente per un quarto mandato e hanno scatenato proteste e manifestazioni represse violentemente nella capitale bielorussa, Minsk.

Di Aleksandr Lukashenko si dice sempre che è l’ultimo dittatore d’Europa. Per questa ragione negli ultimi anni ha subìto un forte isolamento da parte della comunità internazionale. Per anni, molti anni, nessun capo di stato europeo ha messo piede in Bielorussia. Per anni, molti anni, Aleksandr Lukashenko non ha messo piede in nessuno stato europeo. C’è stata una sola eccezione, a un certo punto: Silvio Berlusconi. Ma è una storia che è bene raccontare dall’inizio.

Di cosa parliamo
La Bielorussia è un’ex repubblica sovietica, indipendente dal 1990. Per essere precisi, indipendente dal voto del Consiglio supremo della Bielorussia che sancì la ratifica della dissoluzione dell’Unione Sovietica e della sua sostituzione con la Comunità degli Stati Indipendenti: un voto al quale si oppose un solo membro del consiglio, Aleksandr Lukashenko. Dopo l’indipendenza, Lukashenko si fa un nome alla guida di un comitato anticorruzione e nel 1994, quando si candida alla presidenza in occasione delle prime elezioni democratiche, viene eletto. Non lascerà il potere mai più. Una modifica costituzionale aumenta a dismisura i suoi poteri: lui istituisce un nuovo parlamento, solo per i deputati che gli erano fedeli. Nel 2001 viene rieletto per un secondo mandato. Un altro referendum, un’altra modifica costituzionale: abolito il limite dei mandati consecutivi. Vengono fatti centinaia di prigionieri politici, alcuni per ragioni del tutto pretestuose: vengono detenuti senza processo, in alcuni casi torturati e uccisi. Lukashenko dice che chi parteciperà alle manifestazioni dell’opposizione si troverà il collo spezzato “come quello di una gallina”, e viene eletto per un terzo mandato, anche stavolta con percentuali bulgare. Gli osservatori internazionali considerano il voto manipolato e irregolare: alla proclamazione dei risultati seguiranno giorni di manifestazioni e proteste, represse con arresti e violenze. Nel 2008, alle elezioni parlamentari, il suo partito conquista il cento per cento dei seggi. Arriviamo alla storia di pochi giorni fa: la rielezione per la quarta volta, le proteste, il pestaggio e gli arresti dei candidati dell’opposizione.

Il precedente del 2006
Dei rapporti tra Berlusconi e Putin si sono scritte centinaia di pagine, e non è necessario tornarci in questa sede. Nel 2006 i rapporti tra Lukashenko e Putin sono strettissimi e infatti Berlusconi, alla fine del suo mandato da presidente del consiglio, è uno tra i pochissimi capi di stato a non condannare esplicitamente la violenza e la repressione delle proteste seguite alla terza vittoria elettorale, si fa per dire, del presidente bielorusso. Che intanto si bea di essere riuscito “ad aver bloccato il piano di espansione dell’Europa”.

Lukashenko a Roma
Per il primo incontro ufficiale tra Berlusconi e Lukashenko bisogna aspettare il 2009. Aprile 2009. Dal 1995 un capo di governo europeo non accoglieva Lukashenko nella sua capitale. Lo sdogana Berlusconi. Ai malumori degli altri leader europei il ministro degli esteri Frattini risponde che si tratta di un modo per avvicinare la Bielorussia all’Europa e che c’è “massima attenzione” alla questione dei diritti umani. Lukashenko risponderà piuttosto infastidito che «nessun leader europeo mi ha chiesto alcunché su qualunque riforma». In ogni caso si tratta solo di un antipasto: una preparazione a quello che accadrà alla fine dell’anno.

Berlusconi a Minsk
La strada la apre Frattini, che va nella capitale bielorussa a ottobre per aprire la strada alla visita ufficiale di Berlusconi. Le cose vanno bene, anche se il clima è quello che è: nonostante lo status di delegazione ufficiale, al ministro e ai suoi vengono sequestrati i telefoni cellulari appena mettono piede a Minsk. Berlusconi arriva in Bielorussia a dicembre, ed è il consueto show. Solo che, persino nella sua abitudine a muoversi sopra le righe, probabilmente il presidente del consiglio esagera. E dice a Lukashenko che «la sua gente la ama e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo».

Gli accordi commerciali, i faldoni del KGB
La visita ufficiale è accompagnata a una serie di incontri e alla sigla di un protocollo d’intesa con Finmeccanica. Si tratta di un accordo che rompe il regime di isolamento economico messo in piedi dall’Unione Europea nei confronti della Bielorussia. Poi c’è la storia dei faldoni del KGB, che Lukashenko regala a Berlusconi. Dentro, dicono, ci sono delle carte sugli italiani morti o vissuti in Bielorussia nella seconda metà del novecento. In quei giorni si dice che devono ancora essere tradotte, che se ne saprà di più: si accenna ad alcune storie che conterrebbero. Poi però non se ne parla più.

La storia di questi giorni
Lukashenko da diversi mesi si è smarcato dalla Russia, timoroso di perdere la sua autonomia di movimento, e oggi gioca su due tavoli. Le proteste seguite alla quarta rielezione non lo hanno minimamente scalfito il suo potere in Bielorussia – danni collaterali, diciamo – ma hanno avuto molta rilevanza fuori dal paese, soprattutto nella vicinissima Europa. Frattini ha espresso “preoccupazione” e definito “inaccettabili” gli arresti. Berlusconi non ha detto una parola.