La ribellione delle donne del Sudan
Il video di una donna fustigata in pubblico scatena una protesta davanti al ministero della Giustizia
Cinquantadue donne sono state arrestate in Sudan, a Karthoum, durante una protesta seguita alla diffusione di un video che mostrava la fustigazione in pubblico di una donna. Alcune delle versioni più violente del video, che sarebbe stato girato con l’autorizzazione della polizia sudanese, sono già state rimosse da Youtube. Soltanto una versione, che mostra solo la parte iniziale della fustigazione ma che è comunque molto forte, è ancora visibile qui.
La donna viene circondata dagli agenti della polizia sudanese, costretta a inginocchiarsi e poi colpita più volte, anche da due agenti contemporaneamente. Alcuni passanti si fermano ad assistere alla fustigazione e ridono sentendola urlare e invocare sua madre mentre cerca inutilmente di difendersi dai colpi. La polizia l’avverte che se non si lascerà punire come previsto sarà incarcerata per due anni. «Ti mandiamo in carcere per due anni se non ti inginocchi per terra». Non è ancora chiaro quando il video sia stato girato.
Le donne che sono state arrestate martedì avevano organizzato la protesta davanti al ministero della Giustizia di Karthoum. Portavano striscioni in cui chiedevano di mettere fine alla violenza sulle donne e urlavano: «Umiliare le vostre donne vuol dire umiliare tutto il vostro popolo». Alcune di loro sarebbero state anche picchiate dalla polizia. Le autorità sudanesi hanno impedito al giornalista James Copnall della BBC di riprendere la manifestazione davanti al ministero.
La fustigazione è un tipo di punizione prevista dalla legge islamica e in Sudan viene eseguita quotidianamente su centinaia di donne per crimini che variano dall’adulterio all’assunzione di bevande alcoliche. Le autorità sudanesi hanno impedito agli avvocati delle donne di accompagnarle all’interno della stazione di polizia. «La polizia prende la legge totalmente nelle sue mani», ha detto a Reuters uno degli avvocati «nessuno sa quello che sta succedendo lì dentro, questo video è soltanto un esempio di quello che qui succede continuamente».
L’anno scorso, la giornalista sudanese Lubna Al Hussein fu condannata alla fustigazione per avere indossato un paio di pantaloni. La polizia decise poi di convertire la sua pena in una multa, dopo che la giornalista aveva invitato ad assistere alla sua punizione tutta la stampa internazionale con cui era in contatto. Secondo il codice penale in vigore in Sudan, i pantaloni sono considerati un segno di peccato e devono essere puniti con 40 frustate, metà di quelle assegnate alle donne che vengono accusate di adulterio.