La situazione a sei giorni dal voto di fiducia

A sei giorni dal voto i voti in bilico alla Camera sembrano essere tre

Mancano sei giorni al 14 dicembre, il giorno in cui un voto di fiducia alla Camera deciderà le sorti del governo Berlusconi. Eravamo rimasti al 3 dicembre, quando il cosiddetto “terzo polo” – ieri ribattezzato da Fini a Ballarò “polo della moderazione” – aveva presentato una propria mozione di sfiducia al governo. La mozione di sfiducia è stata firmata da tutti i deputati di Futuro e Libertà, UdC, ApI, Libdem e MpA.

Se chi ha firmato la mozione voterà la sfiducia al governo, e dando per scontato che a questi si aggiungano i deputati di PD e IdV, la situazione dovrebbe essere questa: 85 voti per il cosiddetto “terzo polo”, 206 per il PD, 24 per l’IdV. A questi si aggiungono i deputati Giulietti e Nicco, appartenenti al gruppo misto. In totale fa 317. La maggioranza assoluta alla Camera è 316. Sulla base di questo dato, la settimana scorsa Bocchino ha detto che il governo alla Camera non ha più la maggioranza. La stessa cosa è stata ribadita ieri da Fini a Ballarò.

Stando a quanto si legge sui giornali, però, la questione sarebbe ancora aperta. Al conto dei 317 sì è già stata sottratta la deputata finiana Giulia Cosenza, in gravidanza e prossima al parto. Anche la deputata del PD Federica Mogherini è prossima al parto, previsto per il 13 dicembre: dovesse mancare al voto, il totale sarebbe 316. Quindi ci sono buone possibilità che al centrodestra basti spostare un voto per tenersi in piedi ancora un po’ (poi esiste certamente una questione di opportunità, ma è un altro discorso).

Sono tre i personaggi alla Camera che in queste ore sembrano essere oggetto delle maggiori pressioni da parte del centrodestra: due deputati eletti nelle liste dell’Italia dei Valori, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, e Maurizio Grassano, del gruppo misto. Cominciamo da quest’ultimo, che ha una storia particolare.

Leghista, presidente del consiglio comunale di Alessandria, candidato alla camera nel 2008 in Piemonte nelle liste della Lega Nord, Grassano è risultato il primo dei non eletti. Quando Roberto Cota diventa presidente della regione e libera un seggio, Grassano gli subentra, ma nel frattempo gliene sono successe di tutti i colori: viene indagato per truffa ai danni del comune, a settembre del 2009 viene arrestato con l’accusa di avere inquinato le prove. La Lega non vuole saperne di accoglierlo nel suo gruppo, lui si iscrive al gruppo misto. Ha firmato la mozione di sfiducia presentata dal terzo polo, ma dopo tutti gli altri. Ieri ha incontrato Fini a Roma, il Corriere scrive che “ne è uscito rassicurato” ma che Berlusconi lo da per certo tra i suoi.

Domenico Scilipoti è un deputato dell’Italia dei Valori eletto in Sicilia, è medico omeopata e agopunturista. Nei giorni scorsi è stato dato certo del voto a favore del governo. Antonio Di Pietro gli ha chiesto un incontro, lui lo ha rifiutato, diceva ieri Donadi. Che poi ha diffuso una nota molto minacciosa.

Da più parti in questi ultimi giorni mi sono arrivate indiscrezioni circa il rischio che l’onorevole Scilipoti possa votare il prossimo 14 dicembre in difformità dal gruppo di Italia dei Valori. Dopo che, nella giornata di oggi, lo stesso si è rifiutato di avere un chiarimento con il presidente Di Pietro, l’ho contattato telefonicamente per chiedergli, come sto facendo ormai da più giorni, un incontro nel quale poter chiarire se da parte sua ci siano problemi con il partito.

Data la sua indisponibilità a fissare un incontro ho fatto presente all’onorevole Scilipoti che qualunque parlamentare non dovesse partecipare alla votazione sulla sfiducia, non solo, e ovviamente, sarà fuori dal partito, ma ci obbligherà altresì a difendere con ogni mezzo il buon nome e l’onorabilità di Idv. Faremo sapere con chiarezza agli italiani che c’è qualcuno che, dopo essersi fatto eleggere per contrastare la sempre più pericolosa deriva del berlusconismo, come il peggiore Giuda, tradisce il partito, i suoi elettori, e si vende, politicamente, per trenta denari.

Spero ancora di sbagliarmi e che con Scilipoti ci sia stato solo un malinteso. Qualora, tuttavia, già nelle prossime ore, non dovessero intervenire da parte sua prese di posizioni chiare ed univoche e comportamenti conseguenti avvieremo il primo passo, ovvero il deferimento al collegio di garanzia del partito.

Scilipoti l’ha presa male. Prima ha detto “voterò la fiducia”. Poi ha cambiato idea e ha detto che deciderà oggi, “dopo aver visto Di Pietro”, precisando di essere “terrorizzato, Donadi mi ha minacciato”. Antonio Di Pietro ha minimizzato, ha detto di avere fiducia in lui e di capire le “pressioni fortissime” cui è sottoposto. E poi gli mandato un abbraccio, “sperando di dargli il calore necessario perché trovi la forza di tenere duro”.

L’altro deputato dell’IdV è Antonio Razzi, già due mesi fa al centro di grandi trattative (si parlò concretamente di offerte economiche da parte del centrodestra per convincerlo a cambiare idea). «Non ho cambiato idea ma ancora non capisco a cosa serva la sfiducia. Devo riflettere», ha detto alla stampa. «Razzi non si muove», ha detto Donadi. Secondo Di Pietro anche Razzi «è una persona che sta soffrendo».

In questi giorni si è parlato molto anche del comportamento dei sei deputati radicali eletti nelle liste del PD. Per quanto Pannella si stia molto divertendo a dire e non dire, godendosi questo inaspettato strapuntino di ritrovata centralità politica, è ancora molto improbabile che i deputati radicali possano comportarsi diversamente dal resto del gruppo del PD. Ieri Marco Pannella ha incontrato Pier Luigi Bersani ed entrambi si sono detti tranquilli e soddisfatti.