La via del samurai

Quarant'anni fa si uccise spettacolarmente lo scrittore giapponese Yukio Mishima

di Antonio Dini

This November 25, 1970 picture shows Japanese author Yukio Mishima speaking before Japanese Self-Defence Force soldiers at Tokyo's miltary garrison station. November 25, 2010 marked the 40th anniversary of when Mishima sliced open his own stomach in a ritual "sepukku" disembowelment suicide after delivering a speech from the balcony. AFP PHOTO/JIJI PRESS (Photo credit should read JIJI PRESS/AFP/Getty Images)
This November 25, 1970 picture shows Japanese author Yukio Mishima speaking before Japanese Self-Defence Force soldiers at Tokyo's miltary garrison station. November 25, 2010 marked the 40th anniversary of when Mishima sliced open his own stomach in a ritual "sepukku" disembowelment suicide after delivering a speech from the balcony. AFP PHOTO/JIJI PRESS (Photo credit should read JIJI PRESS/AFP/Getty Images)

Il 25 novembre di quarant’anni fa lo scrittore giapponese Yukio Mishima prese in ostaggio il generale al comando dell’esercito nazionale di autodifesa nel suo quartier generale, e dopo aver inutilmente arringato dal balcone dell’ufficio di quest’ultimo alcune centinaia di militari con la speranza di sollevare un colpo di stato favorevole all’Imperatore giapponese e far cadere la costituzione imposta dagli americani nel 1947, si tolse la vita con il Seppuku, il suicidio rituale in cui venne assistito da due dei suoi quattro più fedeli compagni.

Mishima era nato il 14 gennaio 1925 con il nome di Kimitake Hiraoka. Era considerato già in vita uno dei più importanti e discussi scrittori giapponesi, forte di una notorietà internazionale derivante dalle sue posizioni radicali. Autore prolifico (scrisse 40 romanzi, 18 testi teatrali, 20 raccolte di racconti, almeno 20 saggi e un libretto musicale e una sceneggiatura per film), era stato più volte indicato come un possibile candidato al Nobel per la letteratura, che venne vinto invece da Yasunari Kawabata nel 1968 e poi, in tempi più recenti, è stato vinto di nuovo da un giapponese, Kenzaburo Oe, solo nel 1994.

Il New York Times, in un ritratto del 15 settembre 1985 parlava così di Yukio Mishima: “non solo un concorrente perenne per il premio Nobel, ma, come Norman Mailer, [Mishima] si è anche ritagliato un posto permanente nella coscienza del pubblico con i suoi exploit teatrali sempre molto pubblicizzati: le sue apparizioni in film di gangster, la sua ossessione per il body-building e le arti marziali, le sue incursioni in politica e il piccolo esercito privato che aveva creato”.

Il giorno stesso in cui si suicidò a 45 anni, probabilmente una mossa pianificata da mesi, Mishima aveva terminato l’ultimo capitolo della sua tetralogia “Il mare della fertilità”, considerata la principale tra le sue opere maggiori. Aveva anche accantonato una somma consistente di denaro, con lo scopo di pagare la tutela legale dei suoi quattro aiutanti nel momento in cui si fossero arresi alla polizia militare giapponese. Uno dei quattro si suicidò immediatamente dopo che Mishima era morto.

Nazionalista e decadente, Mishima è stato accusato di essere un fascista e nostalgico, ma in vita si era più volte definito come apolitico e aveva invece perseguito un’estetica che univa elementi tradizionali giapponesi a tratti occidentali per realizzare quelli che chiamava “i quattro fiumi della mia vita”: la scrittura, il teatro, il corpo e l’azione.

Secondo la critica, i temi principali dell’opera e della vita di Mishima erano l’omosessualità, la morte e la rivoluzione politica. L’autore aveva scritto a lungo anche su temi come i valori tradizionali dello sconfitto Impero giapponese e del rapporto fra erotismo e aggressione e tra erotismo e morte.

Anche il suo esercito privato, composto da 100 giovani, per Mishima aveva un valore simbolico e non di reale forza militare: lo scopo era quello di difendere l’Imperatore e lo spirito della tradizione giapponese. Mishima si rifaceva all’etica samurai, la classe medioevale di guerrieri al servizio dei signori feudali, e auspicava un tempo di maggiore forza per il suo paese.

Allevato dalla nonna Natsu e isolato dal resto della famiglia, da giovane Mishima aveva studiato giurisprudenza ed era stato avviato a una promettente carriera nel ministero delle Finanze, dal quale si licenziò dopo la pubblicazione del suo primo romanzo nel 1949, “Confessioni di una maschera“, che era stato fin da subito un successo internazionale.

Mishima, che aveva iniziato a pubblicare racconti già al liceo, negli anni si era progressivamente avvicinato ai settori più conservatori della vita culturale giapponese, criticando la decadenza morale del Giappone dopo la resa agli statunitensi. Membro del gruppo di intellettuali Nihon Romanha, che chiedevano la conservazione dei valori tradizionali, nel 1969 aveva fondato la società segreta Tate no Kai, che divenne poi il suo esercito personale composto da 100 studenti universitari che credevano nella “via del samurai”, cioè il codice del Bushido.

Sposato con due figli, Mishima ha creato quelle che secondo la critica sono alcune delle pagine più realistiche e vivide sull’omosessualità nella letteratura contemporanea. Considerato in Occidente principalmente come romanziere, in Giappone invece oltre che come saggista è anche studiato come drammaturgo. È stato infatti il primo autore contemporaneo a scrivere drammi per il teatro tradizionale Nō.

Appassionato difensore della tradizione giapponese, Mishima viveva però in una casa di stile occidentale e studiava le tradizioni estetiche e letterarie dell’Occidente. I frequenti richiami al classicismo europeo, ai miti e all’estetica dei greci in particolare, ricorrono con elevata frequenza in tutta la sua opera.

Marcello Veneziani sul quarantennale di Mishima, sul Giornale di oggi