Il casino delle mozioni sulla Rai

Il PdL reagisce alla mozione dei finiani sulla RAI con una contromozione che è una bella zappa sui piedi

Ieri la Camera dei deputati ha iniziato la discussione di sei mozioni, presentate dalla maggioranza e dall’opposizione, e tre di queste si occupano della RAI. Le mozioni sono documenti di indirizzo politico che, se approvate dall’aula, impegnano il governo a tenere un determinato comportamento su una determinata questione: ma non sono vincolanti, e quindi il governo può legittimamente decidere di fare di testa sua.

La prima delle tre mozioni sulla RAI è stata presentata dai finiani di Futuro e Libertà, che l’avevano annunciata già due mesi fa. Dopo aver ricordato che la RAI è tenuta a rispettare pluralismo, “correttezza, lealtà e completezza dell’informazione” e che “nel suo complesso l’informazione della Rai non soddisfa oggi, né secondo criteri quantitativi, né secondo quelli qualitativi, i requisiti di imparzialità, completezza e correttezza e lealtà richiesti alla concessionaria del servizio pubblico, in particolare, la principale testata giornalistica della Rai, il Tg1”, il documento impegna il governo “a modificare lo schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI” adottando “pluralismo, completezza e obiettività” come indicatori per la verifica della qualità dell’informazione. Un’altra mozione, presentata dal PD, ha contenuti molto simili (la terza, presentata da alcuni esponenti del gruppo misto, ha contenuti più generici e meno bellicosi).

Ieri il PdL ha reagito e ha presentato anche lui una mozione sulla RAI, però al Senato: alla Camera la maggioranza non è più così solida, e infatti va sotto continuamente (l’ultima volta oggi, poche ore fa). Il testo è stato annunciato ieri con grande enfasi da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliarello, rispettivamente presidente e vicepresidente del gruppo del PdL al Senato, che ne hanno girato alcuni stralci alle agenzie. Cercando sul sito del Senato, però, si nota come la mozione non sia stata presentata ieri bensì lo scorso 2 novembre.

In ogni caso, il testo spiega che tutelare il pluralismo “non significa lottizzazione numerica degli spazi e degli operatori fra i partiti, ma corretta rappresentazione della pluralità delle posizioni in cui si articola il dibattito politico-istituzionale” e che il problema della RAI è “una prolungata e consolidata egemonia della sinistra che si è sedimentata in decenni di potere organizzato all’interno dell’azienda pubblica”. Poi, però, in conclusione, arriva questo passaggio.

[la RAI si impegni a] porre in essere le misure utili che rientrano nelle sue competenze per garantire assoluta trasparenza ai rapporti tra la Rai e il mondo della produzione televisiva in generale e in modo particolare di quei produttori contigui a esponenti del potere politico, affinché il pluralismo produttivo eviti contagi di natura politica e sia garantito dall’adozione di severi criteri di selezione e valutazione dei progetti da considerare.

Lo stesso passaggio è stato diffuso ieri dal PdL alle agenzie di stampa, sebbene con una formulazione che non si riscontra nel testo presentato al Senato.

[la RAI eviti] il determinarsi di situazioni di sostanziale monopolio o oligopolio nella produzione delle opere radiotelevisive con particolare riguardo a produttori facilmente riconducibili ad esponenti eletti in Parlamento.

Il significato in ogni caso è chiaro, e appare un riferimento tutt’altro che velato – conoscendo e immaginando le intenzioni di Gasparri e Quagliarello – a Francesca Frau e alla sua società di produzione televisiva. Frau è la madre di Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, compagna di Gianfranco Fini, e a lungo i giornali vicini al centrodestra hanno sostenuto che i lavori accordati dalla RAI alla società di Francesca Frau, a fronte della sua perlomeno scarsa esperienza televisiva, si debbano proprio alla sua vicinanza al presidente della Camera.

Certo è singolare che il centrodestra, pur di attaccare Fini, scelga di mettere le mani in un settore per loro spinoso e minato quanto è quello dei conflitti di interesse in campo televisivo: se la posizione del presidente della Camera è tale da esercitare pressioni indebite sulla RAI, come definire quella del presidente del Consiglio, che Gasparri e Quagliarello difendono? La contraddizione è stata notata dal Secolo di oggi.

Alla lettura del testo Benedetto Della Vedova, vicepresidente dei deputati di Fli che ha presentato ieri la mozione di Montecitorio, non crede ai suoi occhi: «Ce l’hanno con Berlusconi? Il Pdl si schiera contro Endemol? È grottesco, perché lo sanno tutti che Mediaset ha delle quote importanti all’interno di una delle principali case di produzione televisiva» ed essendo sempre Mediaset in qualche modo «società riconducibile ad eletti in Parlamento, immagino che ce l’abbiano con lui allora».