La fine del governo più solido della storia repubblicana

La scelta di Fini di ieri è un bello schiaffo per la capacità della politica italiana di governare l'Italia

The new Italian ministers of Premier Silvio Berlusconi's 62nd postwar government, pose for a photo with Italian President Giorgio Napolitano, at center-right with gray suit and red tie, after taking their oath of office, in Rome's Quirinale presidential palace, Thursday May 8, 2008. From left foreground: University and Research minister, Mariastella Gelmini; Culture minister Sandro Bondi; Foreign Affairs minister Franco Frattini; Youth Policies minister Giorgia Meloni; Implementation of Government Program minister Gianfranco Rotondi (in background); Public Functions and Innovation minister Renato Brunetta (in foreground between women;) Environment minister Stefania Prestigiacomo (in dark purple suit foreground;) Premier Silvio Berlusconi; Italian President Giorgio Napolitano; Agriculture minister Luca Zaia (behind Napolitano;) Equal Opportunities minister Mara Carfagna; Industry minister Claudio Scajola; Regional Affairs minister Raffaele Fitto in background, Relations with Parliament minister Elio Vito, Berlusconi was sworn in as premier Thursday, his third time as head of an Italian government, following his conservatives' sweep in elections last month. (AP Photo/Luca Bruno)
The new Italian ministers of Premier Silvio Berlusconi's 62nd postwar government, pose for a photo with Italian President Giorgio Napolitano, at center-right with gray suit and red tie, after taking their oath of office, in Rome's Quirinale presidential palace, Thursday May 8, 2008. From left foreground: University and Research minister, Mariastella Gelmini; Culture minister Sandro Bondi; Foreign Affairs minister Franco Frattini; Youth Policies minister Giorgia Meloni; Implementation of Government Program minister Gianfranco Rotondi (in background); Public Functions and Innovation minister Renato Brunetta (in foreground between women;) Environment minister Stefania Prestigiacomo (in dark purple suit foreground;) Premier Silvio Berlusconi; Italian President Giorgio Napolitano; Agriculture minister Luca Zaia (behind Napolitano;) Equal Opportunities minister Mara Carfagna; Industry minister Claudio Scajola; Regional Affairs minister Raffaele Fitto in background, Relations with Parliament minister Elio Vito, Berlusconi was sworn in as premier Thursday, his third time as head of an Italian government, following his conservatives' sweep in elections last month. (AP Photo/Luca Bruno)

Il gioco del cerino acceso, come lo ha definito ieri Bersani, sta diventando stucchevole. La tensione tra Fini e Berlusconi dura ormai da quasi un anno, e da diversi mesi la rottura è stata sancita: dopo lo stillicidio delle prese di distanza dal PdL, i finiani sono passati allo stillicidio delle prese di distanza dal governo. Si poteva arrivarci prima e risparmiarsi questa agonia non ancora esaurita.

Ma qualunque cosa avvenga ora, il governo Berlusconi IV è finito. E se la notizia è stata avvizzita dal fatto che se ne parla quotidianamente da mesi, su una prospettiva storica e politica più ampia torna invece a esserlo: è finito quello che fu annunciato (e tutti riconoscemmo) come il governo più solido che si fosse mai formato in Italia, quello con la maggioranza più inattaccabile, destinato a durare cinque anni mentre il paese avrebbe assistito ai suoi successi o insuccessi e le opposizioni avrebbero potuto solo prepararsi per la scadenza elettorale successiva.

Invece quel governo, nato l’8 maggio 2008, muore a due anni e mezzo: e rischia di non sopravvivere neanche quella maggioranza, vedremo. Muore non solo la sua spergiura nutrita rappresentanza di ministri (aumentata a ogni pié sospinto dopo le promesse elettorali), ma anche il diabolico progetto che lo aveva costruito – la creazione del PdL e la legge elettorale ad centrodestram – e l’idea che la sua procurata stravittoria elettorale lo radicasse su fondamenta solidissime e che la longevità tormentata delle precedenti gestioni Berlusconi potesse essere canonizzata e stabilizzata.

Muore l’idea che il sistema politico italiano sappia governare l’Italia stabilmente. In questo ventennio non ci è riuscito il centrosinistra, vittorioso solo con maggioranze fragili e litigiose, e il centrodestra lo ha fatto solo grazie all’accidente berlusconiano – irripetibile variabile nella prospettiva della storia – che mostra oggi tutta la sua precarietà. C’era una maggioranza con due grandi forze – quella del suo leader e quella dei suoi numeri in parlamento – e l’unica che si è dimostrata importante , ma non bastante, è stata la prima. Pensare che la quantità di parlamentari potesse rimpiazzare la loro qualità è stata una scelleratezza di cui pagheremo le conseguenze a lungo e che adesso riscuote una fin troppo piccola punizione.

E così, a breve distanza, sono ridimensionate le due imprese più rivoluzionarie del panorama politico italiano dell’ultimo mezzo secolo: il PD come fu pensato e il PdL come fu costruito. Il primo è tornato a essere – dal fallimento veltroniano – la somma al momento perdente di due partiti che c’erano, il secondo la somma oggi sconfitta di un partito e mezzo. Per quanto ci si rallegri della prospettiva di prossimo esaurimento del governo Berlusconi e dei suoi disastri, non butta bene.