Contenuti gratis ma fino a un certo punto

Il Guardian fa i conti in tasca agli esperti del Web che difendono la gratuità dei contenuti, ma si fanno pagare le conferenze con cifre astronomiche

I guru della Rete, gli esperti che si occupano del mondo online e della sua evoluzione, sono ormai una classe professionale: viaggiano in continuazione per tenere conferenze e partecipare ai congressi, dove vengono applauditi dal pubblico e ascoltati con interesse da accademici, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni. Molti di questi guru sono fermi sostenitori della necessità di offrire i contenuti gratuitamente sul Web, eppure per partecipare agli eventi sui nuovi media gli esperti richiedono spesso cifre notevoli. Helienne Lindvall, che scrive sul sito del Guardian e fa la musicista – e ha quindi un’opinione interessata e preoccupata sulla diffusione gratis dei contenuti online – ha provato polemicamente a fare qualche conto, per capire quanto possa costare l’intervento di un esperto di Internet a un convegno.

Chris Anderson, direttore della versione statunitense di Wired, ha recentemente pubblicato il libro Gratis spiegando come un modello economico basato su beni e servizi distribuiti gratuitamente potrebbe cambiare i nostri modelli economici e di conseguenza il nostro mondo. Durante la presentazione del libro nella trasmissione televisiva satirica statunitense The Colbert Report, Stephen Colbert ha messo scherzosamente in difficoltà Anderson chiedendogli perché il suo libro avesse un prezzo di copertina invece di essere gratis. Secondo Lindvall, il problema andrebbe esteso allo stesso comportamento di Anderson, che per parlare a una conferenza pare chieda mediamente 50mila dollari.

Un mio amico ha di recente provato a invitare Seth Godin per un seminario sull’industria della musica e un portavoce gli ha detto che gli sarebbe costato 150mila dollari per andare a Londra da New York dove vive. E, come buona parte di tutti questi “guru”, ha richiesto un volo andata e ritorno in prima classe. Se invece si fossero accontentati di farlo parlare in videoconferenza da casa sua, avrebbe solamente chiesto 15mila dollari più le spese, ha poi aggiunto il suo agente.

E quindi, quali grandi rivelazioni si sarebbero potute ottenere per quella precisa somma di denaro? Nella sua intervista “Musica contro l’industria della musica” (i suoi consigli si adattano comunque a qualsiasi altro argomento, aggiunge) Godin dice: «Questo è il più grande momento nella storia della musica se il tuo sogno è distribuire più musica possibile al numero maggiore di persone possibile… Se ti concentri solo sulla parte dell’industria musicale che riguarda le limousine, gli avvocati, il policarbonato e il vinile è orribile».

Anche Peter Sunde, ex portavoce del motore di ricerca per file da scaricare (anche illegalmente) The Pirate Bay, non rinuncia a compensi elevati per partecipare agli eventi. Lo scorso anno Sunde è stato condannato insieme ad altri tre colleghi a un anno di detenzione e al pagamento di una multa di 2,4 milioni per le attività illecite del sito The Pirate Bay, che di fatto consentiva agli utenti di ritrovare file coperti da copyright da scaricare gratuitamente. Per una conferenza ora Sunde chiede almeno 5mila dollari.

Gerd Leonhard, un altro esperto della Rete che si definisce un “futurologo” chiede anche 15mila dollari per un singolo intervento. Lo studioso di nuovi media Cory Doctorow chiede in media 25mila dollari per una sola conferenza, ma non esclude la possibilità di effettuare sconti per le istituzioni universitarie e le associazioni culturali. A differenza di altri colleghi, Doctorow non ha problemi nell’ammettere di essere a pagamento: «Essere una puttana non mi preoccupa, non voglio però essere una puttana economica».

In un lungo post pubblicato sempre sul Guardian, Doctorow ha risposto a Helienne Lindvall dimostrando di non aver mai richiesto cifre astronomiche per i suoi interventi presso convegni e conferenze di istituzioni accademiche ed enti non a scopo di lucro. Per aver presenziato ad alcuni eventi o tenuto alcuni discorsi, Doctorow dice di aver ricevuto al massimo qualche rimborso, mai superiore ai 350 euro. Per le società e le corporation che chiedono un suo intervento il tariffario è invece più alto, ma non supera i 15mila dollari cifra che «praticamente nessuno pagherebbe mai e che mi consente di starmene tranquillo a casa con la mia famiglia e il mio lavoro; ma se qualcuno volesse spendere così tanto, sarei un pazzo a rinunciare. Ciò detto, mi capita di viaggiare molto più di quanto io desideri e solitamente lo faccio in perdita».

Doctorow ha poi difeso gli altri esperti citati nel post di Lindvall, ricordando per esempio che Peter Sunde è stato condannato nel caso The Pirate Bay per aver difeso la libera condivisione dei contenuti, superando il concetto tradizionale di copyright. Sunde ha anche creato una piccola società per sperimentare nuovi sistemi per consentire a chi produce contenuti di ricevere pagamenti direttamente dal pubblico, con un minor numero di passaggi intermedi che portano spesso allo sfruttamento del lavoro degli autori e a costi più alti per chi poi utilizza i contenuti.

Capisco perfettamente quello che dici nel tuo articolo: le persone che mettono a disposizione le loro creazioni gratuitamente e che riescono a vivere di questo sono un’eccezione. Molti artisti fallirebbero facendo così. […] Ma gli autori sono da sempre nel giro delle conferenze: Dickens arrivava a chiedere 100mila dollari per i suoi cicli di conferenze negli Stati Uniti, una cifra esorbitante per l’epoca. Non è una novità: gli autori hanno molto da dire, e molti di noi sono segretamente estroversi, molti sono felici di lasciare le loro scrivanie per parlare delle cose che li appassionano.

foto di CalEvans