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  • Lunedì 20 settembre 2010

La battaglia persa sul “Don’t ask, don’t tell”

Il Senato americano potrebbe approvare l'abolizione della discussa politica sui gay dell'esercito

22,01: il Senato decide di non discutere la legge che avrebbe riguardato anche le norme sul “don’t ask, don’t tell”, in seguito a uno scontro complessivo sui contenuti della legge

Aggiornamento delle 21,00: le ultime dichiarazioni di voto sembrano far mancare i numeri necessari all’abolizione della norma.

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Oggi il Senato americano potrebbe approvare l’abolizione del don’t ask, don’t tell (“non dire, non chiedere”), la legge che consente a gay e lesbiche di arruolarsi nell’esercito americano a patto di tenere segreta la propria omosessualità. Le restrizioni sono disciplinate dalla legge federale che proibisce a chiunque «dimostri propensione o intenzione di intraprendere atti omosessuali» di prestare servizio nell’esercito, poiché questo «porterebbe un inaccettabile rischio all’alta morale, all’ordine, alla disciplina e alla coesione che sono l’essenza della potenza militare». Lo scorso maggio la Camera dei Rappresentanti aveva approvato con 234 voti favorevoli e 194 contrari la proposta di rettifica della legge, ma solo l’approvazione definitiva del Senato potrebbe consentirne l’attuazione.

Negli ultimi anni l’opposizione al don’t ask, don’t tell è diventata una bandiera della lotta del movimento omosessuale americano e ora c’è molta attesa per un esito che potrebbe avere un ruolo importante anche in vista delle prossime elezioni di metà mandato. Secondo il New York Times, i Democratici hanno scelto di portare la proposta di legge in Senato prima della scadenza elettorale proprio per recuperare consensi. Un sondaggio del Pew Research Center dello scorso febbraio dice infatti che il 61 per cento degli americani sarebbe favorevole all’abrogazione della legge, mentre solo il 27 per cento sarebbe contrario.

I Repubblicani hanno promesso ostruzionismo a oltranza, ma i Democratici hanno inserito l’emendamento all’interno di un più ampio decreto che prevede anche lo stanziamento di 726 miliardi di dollari per le spese militari del prossimo anno. Dopo molti ondeggiamenti, il senatore repubblicano John McCain ha chiesto che il don’t ask don’t tell resti in vigore almeno finché il Pentagono non avrà completato uno studio sugli effetti che la sua abolizione potrebbe avere sulle truppe, i cui risultati sono attesi per il primo dicembre. Secondo i repubblicani, l’abrogazione della legge in un momento in cui le truppe sono ancora impegnate su due fronti potrebbe mettere a rischio il morale dei soldati. «Mi dispiace vedere che il prestigioso Senate Armed Services Committee si sia trasformato in un’assemblea agli ordini dell’agenda dello schieramento di sinistra al Senato», ha detto McCain la settimana scorsa. Il Ministro della Difesa Gates, il Capo di Stato Maggiore Mullen e Colin Powell sono invece tra i favorevoli all’abolizione.

Dalla entrata in vigore nel 1993, circa 13mila persone sono state allontanate dall’esercito a causa del loro orientamento sessuale. Nella maggior parte dei casi si è trattato di esclusioni seguite alla rivelazione volontaria da parte dei membri dell’esercito, ma i gruppi che si battono per i diritti dei gay denunciano che in molti casi la legge è stata usata come pretesto per sbarazzarsi da colleghi indesiderati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.

La battaglia contro il don’t ask don’t tell è diventata ormai così popolare negli Stati Uniti che ultimamente se ne è parlato anche per la campagna di Lady Gaga. Dopo altre prese di posizione nei mesi scorsi, in questi giorni ha diffuso un video su Youtube e ha partecipato a un raduno per i diritti degli omosessuali a Portland, in Maine, chiedendo al Senato di abolire la legge: «Sono qui per essere una voce per la mia generazione. Non è la voce della generazione dei senatori che votano, ma quella dei giovani di questo paese: la generazione segnata da questa legge. È una legge che viola le nostre libertà civili, è una legge ingiusta che rende più forte il pregiudizio. Sono qui per chiedere ai senatori di abrogarla e di combattere l’ostruzionismo del senatore McCain», ha detto. «Il vero problema» ha concluso, «non sono i soldati omosessuali, ma i soldati che odiano gli omosessuali. Noi proponiamo una nuova legge, una legge che si chiama “Se non ti va bene, vai a casa!”».

Il Maine è uno stato che ha un ruolo chiave nell’approvazione della legge, perché è quello in cui sono stati eletti i due senatori repubblicani Olympia Collins e Susan Snowe, che potrebbero votare in favore dell’abrogazione insieme ai Democratici. Nell’insieme l’esito del voto è ancora molto incerto e la discussione in Senato potrebbe protrarsi. Anche se i Democratici riuscissero a fermare il tentativo del senatore McCain di separare il voto sul don’t ask don’t tell dal provvedimento sulle spese militari, l’approvazione finale resterebbe comunque complicata da altre questioni molto delicate. Tra cui la proposta di sospendere il divieto di aborto nelle basi militari e l’approvazione del cosiddetto DREAM Act: un provvedimento che consentirebbe ai giovani immigrati che frequentano l’università o che sono arruolati nell’esercito di ottenere la cittadinanza americana. Per i Democratici, il provvedimento consentirebbe di ampliare enormemente il numero di reclute rafforzando quindi l’esercito, per i Repubblicani invece finirebbe solo col premiare ingiustamente gli immigrati illegali con una sorta di amnistia.