• Politica
  • Questo articolo ha più di dodici anni

Cosa ha detto Verdini ai pm

La versione del coordinatore del PdL: Caldoro venne poi candidato, con Carboni solo affari leciti

"Io non ho mai effettuato pressioni su nessuno. Martino e Lombardi li avrò visti altre due o tre volte, ma certo non avevo bisogno che loro mi dicessero che cosa fare. Sono persone che valgono poco"

È il Corriere della Sera che oggi pubblica con ampio spazio – una pagina sul giornale, e il sito web inusualmente aggiornato alle sette del mattino – parti dei verbali dell’interrogatorio di Denis Verdini di l’altroieri (che in Italia raggiungono sistematicamente i giornali come se fosse normale). Mentre la Stampa ha un più breve articolo sulle “undici pagine” dei verbali. Anche Repubblica – per scelta o necessità di tempi- ha una sintesi molto più parca.

«Non conoscevo né Lombardi, né Martino. Fu Marcello Dell’Utri a portarli a pranzo a casa mia. Con lui siamo amici da una vita, è una persona carismatica. Se lui viene con qualcuno che cosa dovrei fare? Non posso certo chiedere i documenti alle persone che lo accompagnano». Così, di fronte al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al sostituto Rodolfo Sabelli, l’onorevole Denis Verdini— indagato per partecipazione all’associazione segreta e corruzione — ricostruisce i suoi incontri con le persone che avrebbero creato un’associazione segreta per pilotare nomine e affari e cerca di scrollare da sé ogni responsabilità. La verbalizzazione— come evidenzia il suo avvocato Franco Coppi — viene effettuata a mano «e soltanto per questo motivo l’interrogatorio dura circa 9 ore».

Franco Coppi è un avvocato di lungo corso sulle questioni della politica italiana: ha difeso Andreotti e Cossiga, e il ministro Gui ai tempi dello scandalo Lockheed, tra gli altri. Prova a evitare che la lunghezza dell’interrogatorio faccia sospettare che il suo assistito avesse molto da raccontare. Su alcuni passaggi, spiega Fiorenza Sarzanini del Corriere, Verdini sarebbe sembrato poco convincente e Coppi annuncia quindi «la consegna di una memoria che potrà chiarire quei passaggi apparentemente incongrui».

Pubblicità

Veniamo ai contenuti. Sul complotto contro Stefano Caldoro, Verdini usa come argomento a sua difesa la realtà di fatto che Caldoro venne poi candidato ignorando le accuse di quel complotto.

«Nonostante le manovre messe in atto contro Stefano Caldoro, io e Berlusconi abbiamo deciso di credere alla sua buona fede e lo abbiamo confermato candidato a governatore della Campania».

Sull’eolico Verdini avrebbe detto di «non essere mai stato interessato perché non ci capivo niente».

Ma sulla nomina di Ignazio Farris a direttore dell’Arpas ammette: «Carboni mi disse che aveva fatto una promessa e io gli dissi che andava bene. Per me non c’era nulla di illecito nel favorirlo».

C’è poi tutta la parte dei soldi, la più complicata ma anche la più pesante del carico di accuse.

I pubblici ministeri gli contestano di aver preso 2 milioni e 600 mila euro dai conti insieme al coordinatore del Pdl in Toscana Massimo Parisi dalla «Ste, Società Toscana Edizioni» senza una causale credibile. Denaro che sarebbe stato versato dalla convivente di Flavio Carboni e ciò alimenta il sospetto che possa trattarsi del pagamento mascherato di una tangente. Verdini ribatte: «Nel 2004 il Giornale della Toscana aveva problemi e si fecero avanti un paio di imprenditori per rilevare alcune quote. Entrambi non erano però nelle condizioni di poter risolvere la questione. All’epoca riuscimmo comunque a salvare la situazione. Ultimamente ci sono stati altri problemi e nel maggio del 2009 uno di loro mi presentò Flavio Carboni. Mi disse che avendo quasi 80 anni voleva creare una voce per la Sardegna, voleva usare il mio giornale e creare un inserto. Parlava anche di aprire una radio e una televisione. Di lui sapevo che era stato coinvolto nella vicenda di Calvi, ma che era stato assolto. In ogni caso in quel momento era utile perché portava soldi, quindi cominciai a riflettere sulla possibilità di una sua proposta. Mentre stavo decidendo, Dell’Utri organizzò un pranzo all’Hotel Eden e quando arrivai trovai anche Carboni. Marcello mi disse che dovevo accettare e alla fine cedetti il 30 per cento delle quote. Fu versata la prima rata da 800 mila euro ma poi cominciò l’indagine della procura di Firenze e io decisi di bloccare tutto». I magistrati gli chiedono che cosa ci ha guadagnato Carboni da questa operazione, ma Verdini esita, dice che l’affare è rimasto in sospeso perché ci sono state difficoltà. Per quanto riguarda l’operazione con Parisi sostiene invece che «si tratta di una “partita di giro” che chiarirò con una memoria».

1 2 Pagina successiva »