Chi vuole lo scontro generazionale?

Chiara Carrozza, coautrice del progetto PD sull'università, risponde alle critiche di Mario Pirani

di Chiara Carrozza

Mario Pirani polemizza violentemente contro il documento sull’Università approvato dalla recente assemblea nazionale del PD: approvato peraltro, accusa subito Pirani, senza discussione alcuna da un consesso chiamato ad esprimere solo un sì o un no. Per la verità il documento, prima di essere proposto all’assemblea plenaria, era stato discusso il giorno precedente in una commissione aperta, per molte ore e fino a notte, con numerosi interventi e con l’espressione di varie opinioni e sfumature: costituisce d’altronde non una conclusione, bensì la base per un confronto che adesso proseguirà nei circoli di partito, nelle sedi universitarie, nel nostro forum.

Ma oltre a dare questa rappresentazione distorta del nostro modo di lavorare, Pirani riduce la lettura di un documento ampio e assai articolato sui temi della ricerca e del diritto allo studio al solo punto che si compiace di definire della «rottamazione» dei «baroni» al compimento dei 65 anni («rottamazione»e baroni», sia detto fra parentesi, sono termini che appartengono sia per forma che per concetto al gergo qui adottato da Pirani: e in nessun modo né luogo al mio o del PD): ma per sua ammissione Pirani il documento non lo ha letto affatto, tant’è che si restringe a discutere solo una mia breve e precedente intervista alla «Stampa». Un modo, come si vede, assai singolare di dar conto, sia pur polemicamente, del lavoro e della linea di un Partito.

La personalizzazione a mio carico viene altresì condita da sarcasmo (secondo Pirani io sarei una «nuova leva», ma ahimé ho 45 anni, due figli maggiorenni, e alle spalle una carriera ormai piuttosto lunga) e da autentiche contumelie: perché tali io ritengo le accuse di indulgere all’animosità antiaccademica di alcuni leghisti o ex-AN (o fascisti evocati direttamente col riferimento ad Azione Giovani) e al loro gusto di «mandare a casa i vecchi» e «fare largo ai giovani», come Pirani anche in questo caso ambiguamente virgoletta con una distorcente aggressività verbale che credevo esclusiva di altri quotidiani.

Comunque, nessun corporativismo giovanilistico del tipo evocato da Pirani è rintracciabile nel documento del PD (e neppure nella mia intervista), bensì solo la preoccupazione per un’università invecchiata, stagnante, da anni senza apprezzabile turnover. Cosa ci sia di volgarmente diffamatorio per i professori anziani in questa drammatica constatazione, davvero non lo comprendo. Se il corporativismo giovanilistico è sbagliato nella sua disperazione, quello gerontocratico è odioso nel suo egoismo. Ed è a conoscenza Pirani del fatto che molti Atenei stanno già incentivando il prepensionamento dei docenti anziani per puri obiettivi di cassa? Non è questo molto più umiliante di un organico piano di rinnovamento generazionale, magari organizzato anche con un occhio all’esperienza inglese?

Nessuno pensa a soluzioni burocraticamente anagrafiche: ma solo le nuove generazioni devono pagare il prezzo di decenni di errori o di inerzia nel governo dell’Università e degli enti di ricerca? Solo i giovani devono restare esclusi ovvero essere sottoposti a selettive valutazioni di merito e non anche i docenti stabilizzati da anni e decenni ? Né questa è una norma, bensì la prima proposizione di un problema grave e urgente: la norma dovrà individuare criteri, gradualità, modalità, soprattutto dovrà governare un ricambio effettivo e non dar luogo all’ennesimo dei tagli con cui questo governo sta realizzando la sua riforma di fatto. Però un partito riformatore (e un professore che vive ogni giorno il declino dell’istituzione) non può chiudere gli occhi davanti ai problemi cruciali dell’Università pubblica: la quale ha bisogno disperato di risorse, ma bisogno altrettanto urgente di rinnovamento. Tra i paesi avanzati siamo all’ultimo posto per risorse, al primo per anzianità: dirlo e cercare le vie per porvi rimedio attraverso la solidarietà anziché il conflitto fra le generazioni è davvero segno, come vuole Pirani, di demagogia neofascista?