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  • Giovedì 13 maggio 2010

Avanti il prossimo

Hatoyama aveva portato i democratici al governo dopo cinquant'anni, ora la sua popolarità è crollata

12 April 2010- Andrews Air Force Base, Maryland- Japanese Prime Minister Yukio Hatoyama arrives with his delegation April 12, 2010 at Andrews Air Force Base in Maryland. Leaders from around the world including nuclear powers are meeting in Washington this week for a two-day nuclear security summit. Photo Credit: Olivier Douliery /Poo/ Sipa Press/leadersarrive.017/world rights/1004130506
12 April 2010- Andrews Air Force Base, Maryland- Japanese Prime Minister Yukio Hatoyama arrives with his delegation April 12, 2010 at Andrews Air Force Base in Maryland. Leaders from around the world including nuclear powers are meeting in Washington this week for a two-day nuclear security summit. Photo Credit: Olivier Douliery /Poo/ Sipa Press/leadersarrive.017/world rights/1004130506

Nove mesi fa in Giappone Yukio Hatoyama era considerato una specie di salvatore della patria: l’uomo che aveva riportato alla vittoria il Partito Democratico dopo cinquantaquattro anni di opposizione, il politico dalla popolarità superiore al 70 per cento, l’“Obama giapponese”, come si era definito in campagna elettorale. Benché in Italia si parli più del colore delle sue camicie, la notizia è che il suo governo attraversa un periodo di grande difficoltà e sarebbe prossimo alla crisi.

Il sistema politico giapponese è noto per la sua instabilità: nove diversi primi ministri e dieci governi si sono succeduti negli ultimi dieci anni. Hatoyama sembra condannato alla stessa sorte toccata ai suoi predecessori. Un sondaggio reso noto questa settimana dal quotidiano Yomiuri vede la popolarità del governo al 24 per cento, nove punti sotto la rilevazione di un mese fa. Il tasso di disapprovazione cresce in modo praticamente simmetrico: 56 per cento ad aprile, 61 per cento a maggio.

Gli elettori mettono in dubbio le capacità di Hatoyama e del suo litigioso partito di guidare il Giappone, e lo fanno principalmente in ragione di due questioni. La prima è la disputa in corso con gli Stati Uniti riguardo la base militare di Futenma, a sud di Okinawa. La seconda è lo scandalo su alcune donazioni illegittime ricevute dal suo partito durante la campagna elettorale. Metteteci pure la questione del debito pubblico, ormai arrivato a livelli astronomici, e il quadro è completo. L’Associated Press fa un quadro generale della situazione e non vede grandi speranze per Hatoyama.

Negli ultimi anni, i primi ministri la cui approvazione era arrivata intorno al venti per cento non hanno avuto altra scelta che dare le dimissioni. “È nell’angolo”, sostiene Tomoaki Iwai, professore di scienza politica all’Università Nihon di Tokyo. “Se non si dimette, la popolarità del governo non può risalire. Ma le sue dimissioni non risolveranno alcun problema. Non c’è praticamente nulla che possa fargli bene, a questo punto”.

Hatoyama è costretto a prendere in fretta una decisione sul suo futuro: a luglio si terranno le elezioni per il ricambio della camera alta giapponese, la Camera dei Consiglieri, e difficilmente il Partito Democratico potrà ottenere un risultato dignitoso in assenza di una svolta. In ogni caso, non si può dire che si tratti di una situazione sorprendente, e non solo per l’atavica instabilità dei governi giapponesi. Lo scorso aprile, prima delle elezioni politiche, l’Economist ammoniva su come il Partito Democratico giapponese non fosse proprio “garanzia di efficienza: ne fanno parte socialisti, socialdemocratici ed ex liberaldemocratici. Dovessero vincere, mettere tutti d’accordo sarà già una bella impresa”.