L’isola che non c’era

I ricercatori della NASA hanno visitato una nuova isola che si è formata tre anni fa a Tonga, trovandoci già piante e animali (e uno strano fango)

(Sea Education Association / SEA Semester)
(Sea Education Association / SEA Semester)

Da circa tre anni nello stato insulare di Tonga, nell’oceano Pacifico meridionale, c’è una nuova isola che si è formata in seguito a un’eruzione vulcanica sottomarina. A differenza di altri isolotti, che si formano in questo modo e che spariscono in pochi mesi a causa dell’erosione dovuta alle piogge e ai moti ondosi, la nuova isola è ancora al suo posto e sta suscitando l’interesse di diversi scienziati. Lo scorso autunno è stata visitata da alcuni ricercatori della NASA, che la stanno tenendo sotto controllo per capire come si diffondono flora e fauna su un nuovo territorio. Lo studio di questi processi potrebbe fornire nuovi indizi su come si diffuse la vita sulla Terra, o su come andarono le cose su altri pianeti ora deserti come Marte.

La nuova isola si è formata nel 2015 e si trova pizzicata tra altre due isole, alle quali è collegata da una grande distesa di materiale vulcanico solidificato, che potrebbe erodersi e scomparire nei prossimi anni. Non ha ancora un nome, e viene chiamata usando la combinazione dei nomi delle due isole vicine: Hunga Tonga–Hunga Ha’apai, anche se per praticità alcuni usano HTHH. L’isola non esiste sulle mappe e fa parte del gruppo molto ristretto di 3 isole sopravvissute per più di qualche mese dalla loro formazione negli ultimi 150 anni dalle parti di Tonga.

Dan Slayback, del Goddard Space Flight Center della NASA (Greenbelt, Maryland), ha visitato per la prima volta l’isola lo scorso ottobre insieme ad alcuni colleghi, dopo averla tenuta sotto controllo per mesi attraverso le rilevazioni satellitari. La spedizione è sbarcata l’8 ottobre 2018 dopo avere circumnavigato parte della costa, alla ricerca di un tratto di spiaggia praticabile.

Il ricercatore della NASA, Dan Slayback, sulla spiaggia di Hunga Tonga-Hunga Ha’apai (NASA.gov)

L’isola al momento sembra per lo più un grande ammasso di ghiaia, formato dai piccoli detriti di pietra lavica derivanti dall’eruzione sottomarina. È meno piatta di quanto appaia dalle immagini satellitari, con piccole dune e rilievi soprattutto nella sua parte centrale.

Ciò che ha sorpreso i ricercatori è la presenza di materiale fangoso, con un colore che ricorda quello dell’argilla. Al tatto è molto appiccicoso e non sembra avere a che fare con le ceneri vulcaniche. Non è ancora chiaro come si sia formato e dovranno essere svolte analisi sui suoi composti per capirlo.

Le prime forme di vegetazione sull’isola (Dan Slayback – NASA)

Slayback e colleghi hanno inoltre notato la comparsa dei primi segni di vegetazione nelle parti pianeggianti della nuova isola: le piante hanno messo le radici sull’istmo che collega l’isola alla sua vicina. Sul vulcano che si è formato al centro dell’isola ci sono chiazze di vegetazione, formate probabilmente in seguito al guano lasciato dagli uccelli e contenente alcuni semi. Alcune specie di uccelli, infatti, frequentano saltuariamente l’isola, anche se vivono in pianta stabile sulle due isole vicine, dove la vegetazione è molto più fitta e ci sono più risorse. I ricercatori hanno inoltre notato la presenza di alcuni nidi di sterne, che hanno scelto il cono vulcanico per nascondere i loro rifugi e proteggere la prole.

Utilizzando un sistema di rilevazione basato sul GPS, Slayback ha effettuato numerosi rilievi sull’isola per stimare l’elevazione del nuovo territorio. I dati satellitari non erano precisi a sufficienza e rilevazioni più accurate consentiranno di realizzare un modello al computer dell’isola, per studiarne meglio le caratteristiche e l’evoluzione dal punto di vista geologico. Con il permesso delle autorità di Tonga, i ricercatori hanno prelevato alcuni campioni di rocce, da analizzare nei loro laboratori negli Stati Uniti.

Veduta di parte della costa dell’isola (Dan Slayback – NASA)

Il lavoro sull’isola a ottobre è durato circa tre giorni, fino a quando le condizioni meteorologiche non sono peggiorate, rendendo impossibile la permanenza dei ricercatori. Slayback e colleghi confidano di organizzare una nuova spedizione entro il prossimo anno per proseguire gli studi. Oltre a voler capire qualcosa di più sui fanghi che ricoprono parte della spiaggia, vogliono studiare meglio la composizione del fondale marino intorno all’isola, utile per comprendere se la nuova isola abbia buone possibilità di durare ancora a lungo.