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  • Giovedì 3 marzo 2016

La Spagna è ancora senza governo

Il segretario dei socialisti Pedro Sánchez ha chiesto la fiducia in Parlamento ma non ce l'ha fatta, lo sostiene solo Ciudadanos: ci riproverà domani

Pedro Sanchez a Las Cortes di Madrid, 2 marzo 2016 (GERARD JULIEN/AFP/Getty Images)
Pedro Sanchez a Las Cortes di Madrid, 2 marzo 2016 (GERARD JULIEN/AFP/Getty Images)

Pedro Sánchez, leader del Partito Socialista spagnolo (PSOE), non ha ottenuto la fiducia necessaria a formare un nuovo governo. Mercoledì 2 marzo Sánchez ha presentato davanti al Parlamento il proprio programma di governo: su 350 deputati hanno votato a favore in 130 (i socialisti del PSOE e i liberali di Ciudadanos che qualche giorno fa avevano raggiunto un accordo) ma hanno votato contro 219 deputati (il Partito Popolare del primo ministro uscente Mariano Rajoy e Podemos, che ha escluso il sostegno a Sánchez dopo l’accordo con Ciudadanos). C’è stata infine un’astensione. In questa prima votazione Sánchez avrebbe dovuto raggiungere la maggioranza assoluta dei voti, almeno 176.

Spagna

La seconda votazione sarà domani: in quel caso per formare un nuovo governo basterà la maggioranza relativa (basterebbe dunque l’astensione di Podemos). Il quotidiano spagnolo El País dice però che sarà comunque difficile raggiungerla. L’esito del voto di ieri era abbastanza scontato ma è stato formalmente importante perché dal giorno di questo primo voto sono scattati i due mesi previsti dalla Costituzione spagnola per formare un nuovo governo. Se scadranno senza che si trovi un compromesso, si andrà a nuove elezioni che si terranno molto probabilmente il prossimo 26 giugno.

La situazione in Spagna è sostanzialmente bloccata dalle ultime elezioni dello scorso dicembre, che avevano portato alla formazione di un Parlamento molto frammentato e senza una maggioranza assoluta, e alla necessità di formare un governo di coalizione per la prima volta dal 1982. Il Partito Popolare (PP) del primo ministro uscente Mariano Rajoy aveva vinto, ottenendo 123 seggi; il PSOE ne aveva ottenuti 90, Podemos con altri partiti alleati 69, Ciudadanos 40. Rajoy aveva provato a formare un governo cercando anche l’alleanza con i socialisti, senza riuscirci. Poi il Re aveva incaricato Pedro Sánchez, il leader del PSOE. Il PSOE aveva cominciato a negoziare sia con Podemos che con Ciudadanos, due partiti profondamente divisi sulla questione dell’indipendenza della Catalogna: favorevole Podemos, contrario Ciudadanos. La scorsa settimana Sanchez e Albert Rivera, il leader di Ciudadanos, avevano annunciato di avere trovato un accordo chiamato “Acuerdo para un Gobierno reformista y de Progreso”. Poco dopo l’annuncio, Podemos aveva dichiarato che i negoziati con il PSOE erano finiti, criticando tra le altre cose il punto dell’accordo che esclude un referendum sull’indipendenza della Catalogna.

L’esito del voto di ieri non ha fatto altro che confermare la situazione: il PP ha respinto l’accordo tra PSOE e Ciudadanos, Podemos ha attaccato i due firmatari del patto, i socialisti hanno confermato la non volontà di allearsi con il PP, e i partiti separatisti hanno ribadito il loro appoggio a un candidato che porti avanti le loro richieste. Il dibattito prima della votazione di fiducia è stato molto acceso: Mariano Rajoy ha parlato di un «voto truffa» e di una «situazione ridicola», Pablo Iglesias ha dato del «miserabile» a Pedro Sánchez. El País ha parlato di «toni rabbiosi, scambi di insulti, rimproveri incrociati, di accordi impossibili e di ritorno alla campagna elettorale. Ognuno era arroccato nella sua trincea».