La pia illusione del diritto all’oblio

Beppe Severgnini spiega perché la sentenza della Corte di giustizia europea sulla rimozione dei link dai motori di ricerca non funziona

Sul Corriere della Sera di venerdì 16 maggio, Beppe Severgnini commenta la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha stabilito che è nel diritto dei cittadini europei richiedere ai motori di ricerca online di eliminare dalle loro pagine dei risultati i link che rimandano verso “contenuti non più rilevanti” sul loro conto. La decisione della Corte ha fatto molto discutere e potrebbe avere enormi implicazioni su come funziona Internet in Europa, per lo meno dal punto di vista legale, come abbiamo spiegato qui. Il punto debole della sentenza che non può essere appellata, spiega Severgnini, è che stabilisce un cosiddetto “diritto all’oblio” che varia a seconda del mezzo di comunicazione, invece di essere universale e slegato ai modi in cui si possono ottenere le informazioni. Se le stesse regole dovessero essere applicate alla lettera agli archivi dei giornali, si finirebbe per rimuovere migliaia di riferimenti agli articoli catalogati, per esempio.

Immaginate. Una sera d’estate, dieci anni fa. Cena con gli amici, bevete troppo, salite in auto, perdete il controllo e demolite un negozio di abbigliamento. Storia imbarazzante, non è bene che si sappia in giro, anche se è passato molto tempo. Vi rivolgete al giudice e chiedete che la notizia non sia più reperibile: esiste il diritto di dimenticare, ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione Europea! Google e gli altri motori di ricerca dovranno accettare la vostra richiesta di rimuovere il link a quella vicenda.

C’è un particolare, tuttavia. Il Corriere della Sera , nelle pagine locali, aveva pubblicato la notizia, con tanto di fotografia («Serata allegra, finale tragicomico: finisce in vetrina tra i manichini»). Chiedereste, in nome del diritto all’oblio, che ogni copia del giornale venga distrutta? Probabilmente no.

Voi direte: «Le notizie pubblicate sulla carta sono difficilmente reperibili, dopo qualche tempo. È colpa dei motori di ricerca se ogni informazione diventa accessibile!». Ragionamento zoppo. Se esiste un diritto all’oblio, dev’essere universale, non legato alle modalità di recupero delle informazioni. Modalità che possono cambiare. Se il Corriere rendesse accessibile in formato digitale la sua raccolta ultracentenaria, cosa accadrebbe? Chiedereste di bruciare i nostri archivi?

Speriamo di avervi convinti.

continua a leggere l’articolo sul sito del Corriere della Sera