• Sport
  • Venerdì 9 agosto 2013

Omaggio a Filippo Inzaghi

Oggi compie 40 anni e non era "fortunato": era il miglior attaccante italiano

Filippo Inzaghi celebrates scoring during the Italian Serie A football match between AC Milan vs Novara on May 13, 2012 in Milan. Filippo Inzaghi, Gennaro Gattuso and Alessandro Nesta end their AC Milan careers against Novara on Sunday as the end of an era is all but completed at the San Siro. AFP PHOTO / ALBERTO LINGRIA
Filippo Inzaghi celebrates scoring during the Italian Serie A football match between AC Milan vs Novara on May 13, 2012 in Milan. Filippo Inzaghi, Gennaro Gattuso and Alessandro Nesta end their AC Milan careers against Novara on Sunday as the end of an era is all but completed at the San Siro. AFP PHOTO / ALBERTO LINGRIA

Il 3 novembre del 2010 allo stadio di San Siro a Milano si giocò Milan-Real Madrid, partita di calcio valida per il girone di Champions League. Il Milan stava perdendo 1-0. Per sperare di passare il turno aveva bisogno di una vittoria o di un pareggio. Dieci minuti dopo l’inizio del secondo tempo l’allenatore del Milan, Massimiliano Allegri, fece un cenno a un giocatore della sua panchina, invitandolo a scaldarsi. Era Filippo Inzaghi, che all’epoca aveva 37 anni ed era ormai alla fine di una gloriosa carriera. Gli attaccanti titolari erano altri, lui giocava pochissimo e spesso soltanto negli ultimi 10-15 minuti delle partite. Inzaghi entrò in campo al 61esimo e dopo pochi minuti successe questo:

Quei due gol furono rispettivamente il 69esimo e il 70esimo di Filippo Inzaghi nelle coppe europee: lo fecero diventare, in quel momento, il calciatore ad aver segnato di più in assoluto nei tornei continentali. Il record fu poi superato dal calciatore spagnolo Raùl nel 2011. Sette giorni dopo quella partita, il 10 novembre del 2010, Inzaghi ebbe un grave infortunio, l’ennesimo della sua carriera: lesione del legamento crociato anteriore e del menisco esterno del ginocchio sinistro. Una cosa per cui a quell’età si smette di giocare. Inzaghi si operò e ritornò in campo il 14 maggio del 2011. Un anno dopo, il 13 maggio 2012, giocò la sua ultima partita di calcio (la trecentesima con il Milan). Entrò nel secondo tempo della partita di campionato contro il Novara e dopo pochi minuti successe questo (da 0:46 in poi):

Filippo Inzaghi ha sempre segnato montagne di gol. Ne fece 24 in 33 partite con l’Atalanta a 23 anni; 89 in quattro stagioni con la Juventus; 73 in undici stagioni col Milan. Non faceva gol canonicamente e convenzionalmente belli, ma ne faceva in modi che non riuscivano a nessun altro, grazie a una scaltrezza impressionante e a riflessi superiori a quelle di qualsiasi altro attaccante della sua epoca (almeno). Uno dei gol più importanti della sua carriera, nella finale di Champions League del 2007, lo segnò in modo apparentemente fortuito: la palla gli rimbalzò addosso dopo un calcio di punizione. Chiunque direbbe che fu fortunato e basta, ma Inzaghi nel corso della sua carriera segnò decine di gol esattamente in quel modo: abbastanza da poter dire che sapeva fare una cosa che gli altri non sapevano fare. Una volta ha detto: «Mi faccio paura: quando parte la palla, so già dove arriverà». Questo video lo spiega bene:

Oggi Filippo Inzaghi compie 40 anni. Ha smesso di giocare un anno fa e scrisse una bella lettera ai tifosi del Milano per salutarli. La grandezza di Inzaghi è stata raccontata adeguatamente da Paolo Luti nel 2006 e Christian Rocca nel 2010.

Filippo Inzaghi è il migliore in quello che fa, e quello che fa non è piacevole. Inzaghi è un agente segreto. Un killer in missione sotto copertura nell’area di rigore avversaria. Come il killer perfetto Pippo sa sempre, in ogni momento, due cose. Dove si trova il bersaglio: la porta. E dove si trova l’arma: il pallone. Il resto è solo un altro lavoro da fare, noiosa routine. Come il perfetto agente sotto copertura ha la capacità naturale di non dare nell’occhio. Mentre tutti gli sguardi si fissano su quel boyscout elegantone di Shevchenko, Pippo, detto the Jackal, è già alle spalle del difensore, pronto a sfruttare ogni minima distrazione per impossessarsi dell’arma e colpire. One shot, one kill. Come un grande maestro di arti marziali, Inzaghi nasconde sotto un fisico ordinario dei riflessi fenomenali, che gli permettono di arrivare per primo sulla palla, e di colpire a ripetizione in caso di pali, respinte, rimpalli, errori propri o altrui. Il lungo infortunio che lo aveva colpito sembrava definitivo, ma lui è tornato dall’oltretomba, come Jack Bauer. Lo spettrale Pippo. I difensori, e soprattutto i portieri, lo temono come pochi altri. Sanno che, se commetteranno anche un solo errore, in qualunque momento, lui sarà lì ad approfittarne. Sanno anche che, quale che sia la natura dell’errore, faranno una figura da fessi. Venire messi a sedere da una finta di Totti è un conto, ma l’attimo di esitazione concesso a Inzaghi, con la palla che rimbalza in rete con traiettorie apparentemente assurde, è roba da crisi di nervi.

Pippo Inzaghi è il più grande centravanti italiano di sempre. Ma che dico italiano, di più. Segnare un gol a 6 centimetri dalla porta è un’arte. Non è affatto semplice, infatti gli altri non sempre ci riescono. I gol facili li segna solo lui, ammesso che esistano i gol facili. Pippo Inzaghi. Gli altri calciano da 30 metri e indirizzano la palla giusto nell’angolino. Sai che bravura. E che ci vuole? Basta provare e riprovare in allenamento. I parvenu del calcio vanno in visibilio per quei tiri arcuati che girano girano girano, superano il portiere e si insaccano all’incrocio. I tifosi si spellano ogni volta le mani, ma questi sono gesti tecnici scontati. Tutti in Serie A si allenano per fare gol così. A Pippo non frega niente di queste sovrastrutture. Scrolla le spalle di fronte a chi, come Jorge Valdano, sostiene che non dribblerebbe nemmeno una sedia. Non gli interessano né i dribbling, né le sedie, né Valdano. A Pippo interessa metterla dentro e aggiornare la sua statistica di supergoleador. Sta lì, famelico, pronto a catapultarsi col suo fisico di gomma verso il pallone. Con la nuca, col ginocchio, col tallone, con l’anca, con uno stinco. L’ultimo tocco è sempre il suo. «Mi faccio paura, ha detto in un’intervista – so sempre prima dove arriverà la palla». I suoi non sono gol di rapina, semmai di scippo. Ci vogliono rapidità, scaltrezza, capacità di cogliere di sorpresa la vittima. Pippo è una mosca tse tse, corre, capitombola, si aggrappa, spinge, ruba palla, è scoordinato. Ma fa gol. Vive in fuorigioco. Si acquatta. Zac. Gol.

foto: AFP PHOTO / ALBERTO LINGRIA