La Via Lattea è stracolma di pianeti?

Secondo una ricerca la nostra galassia pullula di esopianeti (che cosa sono?)

Nel corso degli ultimi mesi diversi gruppi di ricerca hanno scoperto nuovi pianeti extrasolari, cioè in orbita intorno a una stella diversa dal Sole e quindi esterni al nostro sistema solare. La ricerca di questo tipo di corpi celesti non è semplice e richiede particolari osservazioni e misurazioni del cielo, condizioni che fino a ora hanno impedito di fare previsioni attendibili sul numero di esopianeti esistenti là fuori. È stata indicata la possibile presenza di circa 700 pianeti nella Via Lattea, la nostra galassia, ma si tratta di un numero molto basso se confrontato con la quantità enorme di stelle che si trovano entro i suoi confini e secondo una recente ricerca la stima andrebbe enormemente aumentata.

Insieme con un gruppo internazionale di colleghi, Arnaud Cassan della Università Pierre e Marie Curie di Parigi ha da poco terminato una ricerca [pdf] per stabilire se gli esopianeti siano effettivamente così rari oppure solo molto difficili da individuare. Lo studio si è concentrato sulla microlente gravitazionale, un metodo utilizzato per scoprire nuovi pianeti anche a distanze considerevoli, oltre i 20mila anni luce (circa 190 milioni di miliardi di chilometri). Altri sistemi sono più efficaci per trovare nuovi pianeti in orbita vicino a stelle con caratteristiche simili a quelle del nostro Sole, ma non consentono di vedere tutti gli esopianeti e richiedono più tempo per le singole osservazioni.

L’effetto della microlente gravitazionale si verifica quando il campo gravitazionale di una stella agisce come una lente di ingrandimento, mettendo a fuoco la luce di un’altra stella lontana. Il fenomeno si verifica solamente quando la stella osservata (che sta davanti rispetto a chi la osserva) è perfettamente allineata con la stella che viene messa a fuoco (che sta dietro). Se la stella che agisce come lente ha anche un pianeta che le orbita intorno, l’effetto può essere ulteriormente amplificato e può fornire un valido indizio per dedurre la presenza di un nuovo esopianeta. Per essere apprezzato, il fenomeno richiede un allineamento dei corpi celesti osservati, cosa che si verifica di rado e che richiede quindi la costante osservazione di milioni di stelle in attesa del momento giusto. L’allineamento dura inoltre poco tempo, giorni o settimane nella migliore delle ipotesi, perché l’intero sistema è in movimento, compreso il nostro punto di osservazione.

Ogni notte, l’Optical Gravitational Lensing Experiment (OGLE) osserva milioni di stelle con una serie di telescopi in Cile alla ricerca degli eventi legati alla microlente gravitazionale. Se un segnale viene ritenuto un valido candidato, interviene la rete di telescopi coordinata dal Probing Lensing Anomalies Network (PLANET) per approfondire le osservazioni, consentendo di stabilire con un buon grado di approssimazione se intorno alla stella osservata sia in orbita almeno un pianeta.

Cassan ha studiato i dati raccolti da OGLE e PLANET negli ultimi sei anni ed è arrivato a una importante conclusione: gli esopianeti sono la regola e non l’eccezione nella Via Lattea. In media, ogni stella della nostra galassia ha in orbita intorno a sé 1,6 pianeti. Secondo i calcoli del gruppo di ricerca di Cassan, il 17 per cento delle stelle ospita un pianeta con dimensioni paragonabili a quelle di Giove e il 52 per cento a quelle di Nettuno. Complessivamente, il 62 per cento delle stelle della Via Lattea ospitano una super Terra, cioè un pianeta roccioso come il nostro, ma con una massa che può essere fino a 10 volte quella terrestre.

«I risultati della nostra ricerca suggeriscono inoltre che i pianeti come la Terra potrebbero essere anche più comuni delle super Terre, a patto che il meccanismo che porta alla formazione di un pianeta come il nostro sia simile a quello che forma le super Terre» ha spiegato Cassan commentando i risultati del suo studio. La stessa abbondanza di pianeti rocciosi ipotizzati dalla sua ricerca sembra confermare le teorie più condivise sulla formazione di questo tipo di pianeti. L’ipotesi è che frammenti e altro materiale roccioso presenti nello spazio rimangano attaccati gli uni agli altri in seguito alle collisioni, formando progressivamente i pianeti.

La ricerca di Cassan è basata su una solida raccolta di dati effettuata negli ultimi sei anni, ma richiederà ulteriori conferme e nuovi studi per approfondire l’efficacia del metodo legato alla microlente gravitazionale. La possibilità che nella nostra galassia ci siano così tanti pianeti riporta molti interrogativi sulle caratteristiche degli altri sistemi solari, sulle modalità con cui si sono formati e accresce le probabilità che possano ospitare forme di vita – magari solo primordiali – simili alle nostre o con caratteristiche ancora sconosciute.

foto: ESO