Il cronoprogramma di Renzi

Il tono, la postura, la gestualità sono quelle di un altro Matteo Renzi, compreso e sicuramente emozionato in un ruolo che ha sempre sentito suo ma al quale ora deve conformarsi. Le intenzioni che il presidente incaricato ha enunciato appena fuori lo studio di Napolitano, quelle invece sono terribilmente renziane, a partire dall’irresistibile attrazione verso cronoprogrammi ed elenchi.
Terribilmente renziane perché a consultazioni da incaricato non ancora iniziate, già Renzi si è vincolato al rispetto di scadenze precise. Forse fin troppo.
L’agenda ha una sua logica stringente. Smentendo ogni scettico e ogni insabbiatore, si riparte subito dall’Italicum e dai primi voti in parlamento sulle riforme costituzionali.

Si può dire che Renzi voglia dotarsi fin dall’inizio dell’arma fin qui indisponibile della minaccia di elezioni anticipate. Meno maliziosamente va notato che sarebbe assurdo se la prima conseguenza dello sbarco a palazzo Chigi fosse il ritorno nella famosa palude dell’unica realizzazione politica del Renzi segretario del Pd. Inoltre, non dispiacerà al premier (anche se la gestione del dossier sarà difficile) mettere subito alla prova la tenuta della maggioranza allargata delle riforme, quella che comprende lo scomodo Berlusconi e vede a disagio il partner Alfano. Infine, sul punto c’è da rispettare un impegno preso col capo dello stato.
Quanto al seguito del cronoprogramma del nuovo governo, il suo traguardo è palese: le elezioni europee. L’intervento sul fisco – quello che richiederà disponibilità di risorse economiche – cadrà a maggio in piena campagna elettorale: non dispiacerà allora al premier poter annunciare (se potrà farlo) tagli all’Irap e all’Irpef.Nel frattempo, anche gli interventi sul lavoro (marzo) e contro la burocrazia (aprile) si spera abbiano dato buoni ritorni d’immagine, non sappiamo ancora quali effettivi benefici per gli italiani.

Lo sforzo di Renzi è quello di cancellare prima possibile dalla memoria le discusse modalità del ricambio al governo. Dovessimo esprimere un’impressione, rispetto a quelle giornate antipatiche siamo già in un’altra atmosfera. La vittoria elettorale in Sardegna aiuta molto (basti pensare che cosa si scriverebbe oggi delle responsabilità di Renzi, se Pigliaru avesse perduto, com’era possibilissimo). Ma più in generale le attenzioni dell’opinione pubblica, anche quella politicizzata di sinistra, sono ormai proiettate più sul futuro che ferme alla recriminazione sull’accaduto. Che non vuol dire oblio, e questo Renzi deve saperlo.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.