Attenzione a chi diventa presidente

Non sembrerà il massimo, votare scheda bianca come primo gesto politico di una legislatura tanto attesa. Ma fin dal primo giorno si capisce che cosa vuol dire la fine del bipolarismo all’italiana.
Dal ’94 in avanti le presidenze di camera e senato sono sempre state bottino della parte vincente, e più o meno non c’è mai stato dubbio su quale parte fosse la vincente.

All’inizio fu uno shock, quando nel 1994 il primo parlamento a impronta berlusconiana inaugurò questa prassi vagamente predatoria. La vittima, si ricorderà, fu Giovanni Spadolini: emblematicamente, per una sola scheda un uomo simbolo della Prima repubblica veniva battuto per un ruolo istituzionale che fino a quel momento era sempre stato diviso tra maggioranze e opposizioni.
Lo scricchiolio della crisi di questo “nuovo” sistema si avvertì nel 2006, quando l’Unione non avendo in realtà vinto davvero le elezioni dovette combattere voto per voto per far passare Franco Marini al senato: primo segnale di una legislatura destinata a finir male.

Ecco perché il Pd oggi non prova neanche a forzare la mano. Non ha vinto le elezioni. Non ha raggiunto alcuna intesa, né era prevedibile che ci riuscisse. Non ha i numeri, come non li ha nessun altro, per eleggere un candidato a palazzo Madama. Dunque tiene parcheggiato per un giorno il proprio nome anche per Montecitorio, dove invece com’è noto la maggioranza sarebbe larga.
Se è un segno di debolezza, non è la debolezza del Pd, bensì dell’intero parlamento, anzi in questo momento del sistema. E quando domani si arriverà a una soluzione, questa conterrà l’indicazione chiara di quale tipo di legislatura ci aspetta.

Non sarà certo la stessa cosa, se alla fine dovesse essere il M5S a incrociare i propri voti con quelli del Pd tra camera e senato (come spera Bersani), o se dovesse decidere di farlo il centrodestra.
Il dubbio serio è un altro, viene spontaneo guardando ai candidati grillini. Persone degnissime, forse per certi aspetti migliori di alcuni passati occupanti di scranni presidenziali, ma palesemente non pronti per assumere la seconda o la terza carica dello stato.

Anche ammesso che diventasse possibile, sarebbe giusto da parte del Pd promuoverli solo sulla base di un calcolo politico e di governo comunque improbabile e precario? Per fortuna la decisione non è ancora arrivata e c’è qualche ora per maturarla meglio.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.