Se vince Renzi, che cosa fate?

Parte la campagna delle primarie. Domani Renzi, poi Bersani, presto Vendola, poi Tabacci se il regolamento sarà tale da ammetterlo (speriamo di sì). Sarà un confronto duro, s’è già capito.
Alla vigilia è opportuno porre nel Pd una domanda esplicita. Antipatica ma ineludibile, vista la temperatura che sale intorno alla candidatura del sindaco di Firenze. Renzi ha già detto più volte che se dovesse perdere non avrà problemi a rientrare nei ranghi e a sostenere Bersani a marzo. Prendiamo per buone le sue parole. La domanda è: lo stesso vale per tutti gli altri, nel Pd?
Non giriamoci intorno. Quando Casini dice che in caso di vittoria di Renzi il Pd si spaccherebbe in due, non fa che ripetere cose ascoltate dai suoi dirimpettai democratici. E che conosciamo anche noi. Dirigenti di primo piano che, esplicitamente o ammiccando, avvertono: se vince Renzi, io vado via.
Bersani non c’entra con questo. A Reggio Emilia ha fatto un discorso bello e coraggioso, invitando tutto il Pd (forse, in particolare, la propria maggioranza) a non temere le sfide, ad avere fiducia in sé. Bersani è una persona aperta, s’è messo in gioco convinto che lui stesso e il Pd usciranno dalle primarie meglio di come ci entrano. La pensano tutti come lui? Farebbero tutti il giuramento: comunque nel Pd, chiunque lo guidi alle elezioni?
Sarebbe importante saperlo. Perché dalla risposta discende anche un’altra conseguenza, questa nel caso che invece Renzi perda. Come s’è capito, la sua figura ha una forza d’attrazione che travalica i confini del Pd e del centrosinistra. Si può considerare questo come un difetto, o un pericolo: molti nel vertice Pd la pensano così, e quindi vogliono piegare Renzi anche per allontanare da sé ogni rischio di contaminazione da eccessiva apertura all’esterno.
Oppure, all’opposto, si può decidere che, comunque vada, questa potenzialità è un imprevisto bene collettivo. Un’arma formidabile di penetrazione negli elettorati altrui (segnatamente ex centrodestra e grillini) di cui nessun avversario dispone (tanto meno gli spompati centristi).
Nella inevitabile durezza della campagna che si apre, sarà bene tenere sempre l’obiettivo comune sopra ogni altra valutazione. Sopra antipatie e simpatie. Sopra la tutela dei propri spazi personali. Siamo tutti d’accordo?

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.