Buoni intenti a metà

È sempre difficile valutare l’effettivo peso di un documento, in una dinamica dominata più dalle mosse che dalle idee. Vale anche per la carta d’intenti presentata da Bersani: pare ritagliata ad hoc sul dialogo con la sinistra diffusa, a cominciare da Sel; però farà anche da piattaforma per il confronto nelle primarie con Renzi, Tabacci e altri; infine, dovrà essere accettata, nei vincoli che propone, da chi vorrà condividere col Pd responsabilità di governo (mai più Unione).
Tante cose, poi capita che testi impegnativi siano travolti dagli eventi. Il lavoro merita comunque di essere discusso seriamente.

Sul piano meramente politico, la linea di Bersani pare inappuntabile, da mesi. Tutto fin qui regge. La decisione originaria (e faticata) su Monti, la tenuta su una posizione di sostegno al governo, il lavoro di cucitura e ricucitura sui provvedimenti più dolorosi, la rottura con Di Pietro, ora la conferma che il Pd è consapevole di dover protrarre la politica di solidarietà ampia, molto oltre i confini della sinistra, anche nel caso di successo elettorale: scelte da leader autorevole e responsabile.

Il discorso sull’Italia è molto incompleto. I mali del paese da curare, i nemici da combattere, si riducono all’accoppiata liberismo/ populismo: tutto della crisi italiana viene fatto risalire al dominio di questa coppia ideologico politica, da cui si esce lungo la strada maestra di una politica popolare, ridistributiva, mirata all’uguaglianza.

Ma questi sono caratteri globali, non risiede qui né nell’arroganza della rendita finanziaria l’eccezionalismo italiano che si dice di voler cancellare. Bersani invece sa bene quanto siano italiani la cattiva spesa pubblica, la diffusa (e popolare) noncuranza per le regole, l’esaltazione dei diritti e il fastidio per i doveri, il disconoscimento del merito, l’allergia alla competizione aperta, la melma consociativa. Nel discorso forte e onesto che gli italiani meritano di ascoltare da chi li vuole governare non può esserci solo la colpevolizzazione della Spectre liberista mondiale. Ci sono tanti difetti antichi, preberlusconiani e trasversali, che il Pd deve avere “l’intento” di cambiare.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.