Aprire gli occhi

Ciò che manca al Pd è proprio la politica, ha scritto ieri Carlo Galli su Repubblica, parlando di «cecità» della sinistra. Quello che manca è la capacità di interpretare la spinta della società civilissima che si è manifestata in questi mesi, la richiesta di sobrietà della classe politica, la pretesa di un ritorno della democrazia compiuta in questo Paese. E anche, ed è la cosa più rilevante, la capacità di dare rappresentanza al conflitto che in queste settimane esplode, accompagnato da una profonda disgregazione sociale a cui il governo attualmente in carica contribuisce quotidianamente.

Sono questi i temi che il Pd deve affrontare. Trasformando la questione morale in una questione politica, impegnandosi perché cambino i rapporti tra la politica e il sistema dell’economia, perché si trovi una misura tra il governare e il nominare (facciamo le primarie, non i primari), perché si approvi una legge contro la corruzione che ristabilisca la situazione precedente alle leggi ad personam di Berlusconi e che sappia condannare il reato più grave per un uomo politico, che è proprio la corruzione (la concussione essendo in genere molto difficile da dimostrare).

Per motivi analoghi, il Pd e il centrosinistra nel suo complesso è chiamato a sostenere la battaglia di chi vuole cambiare il sistema elettorale, perché il Porcellum è stato uno strumento di tradimento definitivo del rapporto tra elettori ed eletti. Perché ridurre il numero di parlamentari, può addirittura peggiorare la situazione, se non ci sarà una nuova legge o se non si terranno le primarie per sceglierli in ogni città, i parlamentari.

Insieme alle questioni che attengono la vita politica e democratica, c’è prima di tutto la questione sociale, che il Pd deve trovare la forza di aggredire, rispolverando quell’antico concetto, sospeso per un ventennio, dell’uguaglianza. Che nella società di oggi si traduce anche in concorrenza leale, nell’osservanza di regole chiare e comprensibili, nel contrasto feroce all’evasione fiscale e al lavoro nero, nel superamento della precarietà a cui è condannata un’intera generazione.

Nella capacità di tornare a parlare di patrimoniale senza troppi imbarazzi, perché il momento è terribile, come il mondo che ci sta intorno, a cui certo non possono bastare le misure meschine che questo governo ha messo in campo con l’ultima manovra: che assomiglia tanto a una retro, fatta ai danni dei diritti dei lavoratori e dei cittadini onesti di questo Paese.

Deve spiegarlo, questo passaggio, con la passione di una volta. Deve ritrovare se stesso nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nella conversazione e nelle relazioni politiche. Deve spingersi fino a ritrovare un’idea di società, di equilibrio, in cui la politica abbia un ruolo preciso e responsabile. Rivolgendosi alle ragazze e ai ragazzi italiani, che si meritano qualcosa di diverso. E che lo chiedono a gran voce, ogni volta che si può. Perché senza partecipazione nulla si può realizzare, senza incrociare il civismo tutto rimane dichiarazione, quando non lettera morta.

Deve riempire quel vuoto che in questi anni si è creato dentro i partiti, e far entrare quella voglia di partecipazione che c’è, e che altrimenti troverà altri spazi, altrove, da occupare.

Nel futuro, se così sarà, ci saranno molte cose. Altrimenti, non ve ne sarà alcuna per molti anni ancora. E sono davvero troppi, gli anni persi. E le occasioni mancate.

Pippo Civati

Pippo Civati è il fondatore e direttore della casa editrice People. È stato deputato eletto col Partito Democratico e ha creato il movimento Possibile. Il suo nuovo libro è L'ignoranza non ha mai aiutato nessuno (People).