Il coronavirus e i modelli matematici “inadeguati”

Probabilmente non ve ne siete accorti – in fin dei conti non è che i matematici siano degli habitué delle prime pagine dei giornali – ma negli scorsi giorni c’è stato un “franco scambio di opinioni” tra il virologo Guido Silvestri e la comunità matematica. Ma partiamo dall’inizio.

Lunedì scorso Silvestri scrive un post su Facebook, nella sua rubrica “Pillole di ottimismo”, in cui segnala la continua diminuzione del numero di ricoverati in terapia intensiva per coronavirus, contro le previsioni di vari esperti che, «basandosi su modelli matematici», avevano affermato “Sappiate che non appena si riapre i casi sicuramente saliranno – di poco se riapriamo un po’, e tantissimo se riapriamo molto”. Quel post era stato ripreso da La Stampa, in un articolo dal titolo «Coronavirus, il virologo Silvestri: “I modelli matematici hanno fallito”»; il catenaccio seguiva con «Avevano paventato 151mila malati in terapia intensiva all’inizio di giugno. Invece sono 286. E dopo 20 giorni dalle aperture di maggio, non c’è alcun segno di un ritorno della pandemia».

Ieri l’UMI (Unione matematica italiana) ha pubblicato sul suo sito un comunicato, firmato dal presidente, dal responsabile comunicazione e da un professore trentino esperto di modelli matematici delle epidemie, in cui si ribatteva che non è vero che i modelli abbiano fallito. I 151000 possibili malati erano riferiti all’unico modello su 49 studiati in cui c’era un “liberi tutti”; il comunicato rivendicava infine l’importanza dei modelli per prendere decisioni politiche, proprio quello che Silvestri non vuole sia fatto. Segue uno scambio di messaggi tra Silvestri e Roberto Natalini, il responsabile comunicazione UMI (oltre che tante altre cose…), scambio che potete leggere su MaddMaths! e che finisce con una rappacificazione. Tutto a posto, dunque? Beh, non proprio, almeno per me.

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Maurizio Codogno

Matematto divagatore; beatlesiano e tuttologo at large. Scrivo libri (trovi l'elenco qui) per raccontare le cose che a scuola non vi vogliono dire, perché altrimenti potreste apprezzare la matematica.