L’indispensabile guastatore

Molte delle persone che seguo in rete sono particolarmente critiche nei confronti di Matteo Renzi. Lo sono in maniera molto esplicita, con argomenti simili ed assoluti che non sto qui a ripetervi. Sono le stesse cose che scrivono in molti su Internet da qualche giorno a questa parte. Siccome il mio circolo Pickwick è una roba mia personale alla quale sono sommamente affezionato, che ho costruito con le mie manine in tanti anni di rete e che è composto di persone che conosco e stimo, non posso dire che questo pollice verso nei confronti del sindaco di Firenze nelle vesti di salvatore del PD non mi abbia condizionato. Perché a me Matteo tutto sommato piace, almeno quanto mi dispiacciono i gerenti di un partito per il quale, se così rimarranno le cose, non voterò alle prossime elezioni (lo so, lo dico ogni volta). Certo, Renzi parla troppo e parlando troppo capita spesso che dica cospicue stupidaggini (ieri per esempio lo ho ascoltato basito dire che i politici dovrebbero essere intervistati molto più raramente sui giornali – aggiungo io, anche in TV – concetto col quale sarei d’accordissimo se non fosse che Renzi stesso ha annunciato poche settimane fa il suo fastidio verso certi dipendenti del Comune che dirige in una intervista all’autorevole Sport Week). Comunque sia, molte delle cose che dice, sfrondate da toscanismi, citazioni da film di Troisi, ritornelli di Vasco Rossi ed altre amenità, mi sembrano non solo sacrosante ma anche molto urgenti. E tuttavia, al di là dei programmi (primo passo, sono appena usciti i 100 punti del programma del wiki PD ed ad una prima lettura, per le materie che un po’ conosco, mi sono parsi abbastanza deludenti), il ruolo di Renzi oggi continua a sembrarmi quello dell’indispensabile guastatore.

Il PD può fare solo due cose nel breve periodo: cambiare radicalmente o morire. Perché cambi è necessario che la sua classe dirigente (quella che Baricco ha giustamente definito due sere fa molto “conservatrice”) ceda il passo. A me pare piuttosto evidente che nessuno di costoro ha intenzione di farsi da parte per “il bene del paese”. Né D’alema, né Veltroni, né Bersani o Vendola hanno intenzione di andarsene, sancendo definitivamente la propria incapacità a rappresentare un grande partito che è ben più ampio del numero degli iscritti che raccoglie. Meno di loro intende farlo il vasto sottobosco dei vari Letta, Bindi, Gentiloni, Fioroni, Vita e compagnia cantante che vegeta da decenni nel profondo dello schieramento.

Qualche mese fa Giuliano da Empoli (uno degli assessori di Renzi) mi raccontava di quando lui e il sindaco sono andati una mattina a suonare il campanello dell’ex caserma di Costa San Giorgio. Un immenso edificio nel centro di Firenze, ex convento francescano che per molti anni è stata la sede della Scuola di Sanità Militare dell’Esercito. Un posto bellissimo che confina con i giardini di Boboli e che anch’io ho frequentato molti anni fa. Tutto il complesso è di proprietà del Ministero della Difesa (anche se esiste un protocollo d’intesa del 2003 per trasferirlo al Comune) e pare sia attualmente occupato da due generali in pensione (prima, ogni tre mesi, ospitava circa 800 allievi più il personale). Se ne stavano là dentro a fantasticare su come quegli spazi potessero essere riutilizzati per la città prima di essere stati sbattuti fuori con fermezza dai padroni di casa. Ecco a me questo piccolo aneddoto sembra adatto a descrivere vecchie protezioni e nuovi entusiasmi. Poi le cose si potranno sbagliare, ci si potrà far fregare dall’ardore o dagli eccessi di semplificazione ma intanto il primo traguardo è funzione di tutto il resto. Occorre che qualcuno suoni finalmente il campanello e mandi a svernare altrove i generali in pensione.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020